Livio Corazza, vescovo di Forlì-Bertinoro, il ventennale della morte di Annalena Tonelli è un’occasione triste?
"Ricordo molto bene quel momento, io facevo parte della Caritas. Mi sono riletto in questi giorni la rassegna stampa di allora: fu una notizia il cui eco arrivò ben oltre la città. Sì, è triste, ma c’è anche la gratitudine verso di lei che è ancora viva nei forlivesi".
Cosa la colpisce?
"La sua fine era in un certo senso prevedibile. Dopo aver ricevuto riconoscimenti internazionali, qualcuno la vedeva come bersaglio. Gli ultimi tempi erano drammatici, ma lei non si è tirata indietro".
Col tempo le emergenze più discusse sono diventate altre. Annalena è ancora attuale?
"Moltissimo. Penso al suo servizio: il bene fatto bene. Annalena era volontaria, ma non dilettante. Era anche professionale: il suo metodo per la cura della tubercolosi è ancora valido".
Lei è stato a Wajir, dove aveva svolto la sua opera.
"È andata a cercare i poveri proprio nel luogo più abbandonato di tutti. E ho visto che la sua attività continua a dare frutti, sia in Africa che a Forlì. Noi abbiamo il Comitato per la lotta contro la fame nel mondo, e in Africa ci sono le cure ai malati, ai sordi, l’attenzione ai poveri".
Il Comitato di via Lunga ha sede nel quartiere di San Benedetto, duramente colpito dall’alluvione: eppure si è già rialzato. C’è lo spirito di Annalena in questo?
"È proprio così: conosco bene la situazione perché ero in seminario il 16 maggio. L’emporio della solidarietà e il mercatino sono tornati in funzione nel giro di una settimana, grazie al lavoro a spron battuto dei volontari. Servizi che sono stati poi utili per chi ha perso tutto. Come dicevo prima: il bene fatto bene. Un mix di spiritualità e pragmatismo: questa era Annalena".
Lei ha lanciato l’appello a creare un database delle sue lettere, tante probabilmente ancora inedite. A che punto siamo?
"C’è ancora tanto lavoro da fare. Non vogliamo portarle via a chi possiede gli originali, ma informatizzarle, in modo che siano accessibili a tutti".
Tra quelle inedite, c’è qualcosa che la colpisce?
"Quando scrive agli amici di Forlì è capace di passare da altissimi slanci spirituali alla concretezza estrema. Ecco perché dico che Annalena è ancora attualissima: è una donna che trova il senso di quello che fa, capace di commuoversi raccontando i progressi di un bambino malato e di arrabbiarsi per le ingiustizie. Come una madre, una sorella. Per questo dico che ne abbiamo bisogno tutti. I suoi amici, certo. Ma anche le future generazioni".
Si fa abbastanza per ricordarla?
"Abbiamo letto online le sue lettere, è stato realizzato uno spettacolo teatrale, si parla di lei nelle scuole...".
Solita domanda: ha novità su un eventuale percorso di beatificazione o canonizzazione?
"No. Ma la causa di don Giovanni Minzoni è iniziata dopo cent’anni...".
Lei è convinto che ci si arriverà?
"Chi conosce Annalena vede chiaramente le sue virtù eroiche. Era esigente con se stessa: mi ricorda San Francesco d’Assisi, che abbiamo celebrato proprio ieri... Mi torna in mente il luogo che aveva realizzato per la preghiera: credo sia l’unico caso al mondo di un eremo per una donna laica. Penso dunque che i testimoni debbano fare la loro parte, rinnovando la memoria di Annalena. Poi aspettiamo i tempi della Chiesa: forzarli non avrebbe senso e sarebbe anche controproducente".
Lei, arrivato a Forlì, ha scelto come ‘casa’ il seminario diocesano, vicino proprio al Comitato. L’ha fatto anche perché sono i luoghi di Annalena?
"Quella è una cittadella della spiritualità e della solidarietà insieme, come era Annalena. Nessuno riesce a vivere fino in fondo com’era lei. Ma ciascuno, come in un’orchestra, può far vibrare la corda che sente più affine alle proprie".