
Nicola Rinieri guida l’omonima azienda che ha tra i clienti numerose cantine californiane "L’America è indietro su componentistica e pezzi di ricambio: produrre le costerà di più".
di Maddalena de Franchis
I loro macchinari sono tra i più richiesti dalle grandi aziende vinicole della Napa Valley, la cosiddetta ‘Toscana californiana’ che, con le sue oltre 400 cantine, assicura circa la metà della produzione statunitense di vini di qualità. La forlivese Rinieri Srl, azienda familiare di Grisignano lungo viale dell’Appennino, è giunta alla sua quarta generazione (l’attuale manager Nicola Rinieri è pronipote del fondatore Olinto) ed è specializzata nella produzione di macchine per i settori vitivinicolo e frutticolo. Esporta in 60 Paesi nel mondo, gli Usa sono l’8% del fatturato.
Rinieri, com’è stata accolta, in azienda, la decisione del presidente degli Usa Donald Trump?
"Lavoriamo da più di 40 anni con il Nord America e ricordiamo bene che, già all’epoca del suo primo mandato, il presidente Trump provò a introdurre dei dazi, per poi tornare sui suoi passi dopo appena un anno".
Molto rumore per nulla, quindi?
"Non esattamente: all’epoca i suoi tentativi erano stati certamente più timidi, limitati solo ad alcuni materiali, come l’acciaio. Ora i dazi investono tutti i settori, in maniera indiscriminata. Ma le ripercussioni graveranno in primis sugli Stati Uniti".
In che senso?
"Se Trump intende davvero riportare il lavoro all’interno degli Stati Uniti, prima di applicare dei dazi avrebbe dovuto ricostruire le filiere produttive, specie quelle della componentistica e dei pezzi di ricambio. In quest’ambito, gli Usa dipendono molto dalle forniture estere, sia dall’Asia che dall’Europa. Il primo effetto, dunque, sarà che i cittadini americani pagheranno di più, perché costerà di più produrre ogni cosa".
Ha già avuto modo di parlare con i suoi referenti negli States?
"All’indomani della firma di Trump, ho sentito il nostro agente di commercio, che ha base a Denver e intrattiene rapporti con gli importatori e i rivenditori dei nostri prodotti. Il suo primo commento è stato: ‘Siamo rovinati, il nostro Paese è rovinato’".
Qual è, al momento, lo stato dei vostri ordini verso gli Usa?
"Abbiamo due spedizioni attualmente in viaggio, mentre un altro container dovrebbe partire entro la fine di aprile. Il problema è che, all’arrivo negli Stati Uniti, sulla merce graveranno già le tariffe aggiornate: attendiamo di capire come. A peso? A unità di prodotto? Queste informazioni sono tuttora avvolte nell’incertezza".
Da imprenditore e conoscitore del mercato Usa, quale futuro immagina dopo lo tsunami dei dazi?
"In alcuni settori, gli Stati Uniti dispongono sicuramente degli strumenti per trovare valide alternative al prodotto straniero: pensiamo, ad esempio, al vino. In altri, come quello delle macchine agricole, le loro poche aziende nazionali sono fallite ormai diversi anni fa. La verità è che intere filiere produttive soffrono di una scarsa propensione all’innovazione e non hanno le competenze per essere al passo coi tempi. Non credo che avranno la forza di reagire".