
Riconosciuta la responsabilità della struttura forlivese dov’era ricoverato: l’anziano scavalcò le sponde del letto riportando una frattura e un’invalidità
Forlì, 21 giugno 2025 – Più di ventimila euro di risarcimento per gli eredi di un anziano deceduto dopo essere caduto dal letto della clinica privata dov’era ricoverato. È la condanna sancita dal tribunale ordinario di Forlì nei giorni scorsi nei confronti di una struttura del territorio, colpevole di non aver adempiuto alla responsabilità contrattuale che, per legge, ogni ospedale pubblico o clinica privata ha sui suoi pazienti, e che consiste nel fornire una prestazione sanitaria conforme agli standard di sicurezza, diligenza e correttezza. Quando ciò non si verifica, i danni sul paziente possono diventare molto gravi.
La vicenda inizia la sera del 12 marzo 2019, quando l’86enne viene ritrovato disteso a terra, sul fianco del letto, munito di sponde, dal personale della clinica, dopo una caduta che gli costerà la perdita della già scarsa autonomia e capacità di deambulare, tanto che la successiva consulenza tecnica, durante il processo civile appena concluso, confermerà un danno biologico che ha provocato un’invalidità permanente del 10%. La struttura sanitaria si difende dicendo che l’uomo nelle ore precedenti all’episodio si dimostrava stabile e lucido, e che le linee guida del Ministero non impongono una costante assistenza e osservazione del paziente. Ma il diario clinico dimostra come il personale medico si fosse già accorto, nei giorni precedenti, di numerosi episodi confusionali, ricorrenti soprattutto nelle ore notturne, che affliggevano l’anziano, in un decadimento cognitivo generale che si riscontrava anche nella mattina dello stesso 12 marzo 2019.
La responsabilità contrattuale della clinica starebbe quindi nell’aver omesso di adottare tutte le misure preventive raccomandate dalle linee guida, volte alla prevenzione di episodi di questo tipo e al monitoraggio dei pazienti, specie se in condizioni di fragilità, come in questo caso. Per la conseguente frattura del femore sinistro dell’uomo, e il danno biologico permanente che ne è derivato, la famiglia aveva inizialmente chiesto 84mila euro, poi ridotti a 20.794, più spese legali, dalla sentenza di condanna.
"La perizia non ha riscontrato un nesso causale tra la caduta e il successivo decesso – spiega l’avvocato Daniele Mezzacapo, che ha rappresentato, nel processo, gli eredi dell’86enne –, bensì quello tra la caduta e la frattura pertrocanterica del femore sinistro, che però ha comunque accelerato un decadimento molto rapido, che l’ha portato alla morte nel giro di pochi mesi. La famiglia è soddisfatta della sentenza, così come del risarcimento accordato, non tanto per il valore economico, ma perché sancisce con chiarezza un principio fondamentale in materia di tutela della persona ricoverata e dei suoi diritti, cioè quello della responsabilità contrattuale per il mancato rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali in ambito sanitario".