
A due anni dall’alluvione 2023, i cinque grandi sfregi del territorio vivono situazioni diverse ma unite dal filo rosso di difficoltà tecniche e burocratiche. A Modigliana e Tredozio cantieri attivi, Montepaolo e Bidentina a singhiozzo.
Sono migliaia le ferite che, a due anni dall’alluvione, restano bene impresse sui territori più colpiti. Alcune sono sottili, quasi invisibili, in parte rimarginate, mentre altre sono così evidenti da non poter passare inosservate. Nel secondo anniversario del disastro abbiamo scelto i luoghi che, per posizione e criticità, hanno reso necessaria la realizzazione delle opere ingegneristiche più complesse e abbiamo fatto un punto della situazione, tra passi avanti, stop e rallentamenti.
È diventata uno dei simboli dell’alluvione, la frana della Riva della Pappona, sulla Sp20 ‘Faentina’: un crollo portentoso che ha compromesso l’unico collegamento diretto tra Modigliana, Tredozio e la pianura, lasciando il paese isolato per diverse settimane. Da allora, la strada è ridotta a una sola carreggiata con senso unico alternato. I lavori di ripristino sono partiti lentamente, anche a causa dell’instabilità della parete rocciosa sovrastante che ha reso imprescindibile l’intervento di rocciatori esperti, i quali hanno posizionato a mano le reti di sicurezza. È stato necessario prima costruire una base di sostegno con un terrapieno di 25 metri d’altezza, utilizzando 32.000 metri cubi di terra armata e più di 2.300 camion in soli due mesi. In maggio è stata effettuata la prova di carico sul terrapieno, tappa fondamentale per poter passare alle successive fasi: idrosemina, trivellazioni per i pilastri e costruzione di una massicciata stradale che avrà le caratteristiche di un viadotto interrato. Il costo complessivo è salito a 4 milioni, con fine lavori prevista oltre la metà del 2026.
A poca distanza troviamo il ponte di Ca’ Stronchino, in buona parte crollato. L’infrastruttura è in fase di ricostruzione. Le operazioni sono iniziate con la demolizione della spalla sinistra idraulica del ponte, irrimediabilmente danneggiata. La fase successiva prevede la rimozione della campata crollata, per poi passare al consolidamento delle strutture portanti esistenti. I lavori, dal valore di 1,85 milioni (in parte finanziati da privati), dovrebbero concludersi entro la fine dell’anno.
È ancora difficile raggiungere l’eremo di Montepaolo, dove da poco sono tornate ad abitare le suore Clarisse: la strada comunale di 7 chilometri che collega Dovadola all’eremo resta inagibile in diversi tratti. Dopo i primi interventi d’urgenza finanziati con 500mila euro raccolti tramite donazioni, il progetto di ricostruzione definitiva, finanziato con 5 milioni di fondi Pnrr, è ancora in fase preliminare. Una lentezza che mette in allarme: se non si vogliono perdere i fondi, i lavori devono essere completi almeno al 90% entro giugno 2026.
Il lascito più pesante dell’alluvione sulla Bidentina è un tratto a una sola corsia, all’altezza di Pianetto, frazione di Galeata, dove un crollo ha eroso il manto stradale. Qui i lavori, avviati grazie a un finanziamento di quasi 2 milioni, dopo un inizio a rilento procedono secondo il cronoprogramma. Conclusa la realizzazione dei pali di valle, si passerà alla trave di coronamento e, entro fine giugno, al completamento del piano viabile provvisorio (ma resterà il semaforo). In parallelo si avvieranno le opere più strutturali: regimazione delle acque di monte, sostegno del pendio, modellamento della carreggiata e consolidamento del terreno di valle. Il termine lavori è fissato per autunno 2025.
È completamente chiuso per lavori il tratto tra Campigna e Passo della Calla, ma si conta di riaprire entro l’estate, quando il turismo si farà più intenso.
Nei giorni dell’alluvione il parco urbano Franco Agosto è diventato un’enorme cassa di espansione, salvando dall’acqua buona parte dei quartieri circostanti, ma trasformandosi in un istante da rigogliosa area verde in una palude incrostata di fango. Ora quel fango è stato rimosso, ma molto ancora resta fare: qui gli interventi non sono mai iniziati e la principale artefice di ogni miglioramento è semplicemente la forza vitale della natura. Il laghetto è congelato a due anni fa e, soprattutto, non è mai stato riposizionato il guado che permetteva a ciclisti e camminatori di proseguire il percorso sull’altro lato del Montone. I fondi ci sono ed è pronto un progetto da 2 milioni finanziato con fondi Pnrr e una donazione di 500.000 euro da La7, ma diversi intoppi burocratici hanno fatto tardare la partenza. Resta la promessa di una data per la sua riqualificazione complessiva: il 2026.
Proprio il parco urbano è uno dei punti cardine per la ripartenza, tant’è che qui è stata installata una delle valvole di non ritorno (l’altra è in via Isonzo) che, in caso di precipitazioni intense, dovrebbero impedire il reflusso dell’acqua. Un primo passo, quello delle valvole, che prelude a un’altra grande opera, la più grande e più dispendiosa di tutte: il graduale adeguamento delle fognature cittadine alle nuove esigenze imposte dal cambiamento climatico.
Sofia Nardi