Si sarebbe dovuta tenere questo pomeriggio nel salone comunale la presentazione del progetto ‘Fight like a Girl! - Salute femminile inclusiva e prevenzione del cancro al seno in Palestina’, ma l’evento è stato rimandato a data da destinarsi, ovvero a quando il conflitto in Medio Oriente ne consentirà il regolare svolgimento. Tragica ironia della sorte: nel suo titolo il progetto utilizza metaforicamente il verbo ‘fight’, ovvero ‘combattere’, una parola che, in queste ore, evoca scenari disastrosi, ben lontani da quelli che avevano in animo gli organizzatori. Per capire l’importanza dell’appuntamento, basti dire che tra i relatori erano previsti il sindaco Gian Luca Zattini, Fabrizio Miserocchi direttore generale dello Ior (istituto oncologico romagnolo) e presidente Irst, Laura Mambelli dirigente medico della Prevenzione Oncologica dell’ospedale di Forlì.
Il progetto è finanziato dalla Regione Emilia-Romagna in partnership con lo Ior, Fondazione Avsi, Ausl, Comune e Augusta Victoria Hospital di Gerusalemme e nasce per diffondere consapevolezza e pratiche di prevenzione a beneficio delle donne palestinesi, per le quali l’accesso a cure e programmi di screening è ostacolato dalle difficoltà di movimento e circolazione causate dalla ben nota situazione politica che da anni interessa l’area. Una mancata pratica preventiva porta a registrare tassi molto elevati di diagnosi tardiva del cancro al seno. Proprio per garantire un programma di screening efficace anche dove altrimenti non sarebbe possibile, è previsto l’utilizzo di una clinica mobile che raggiunge quotidianamente le aree rurali e i campi profughi della Cisgiordania: al suo interno viaggiano professionisti che svolgono screening mammografici gratuiti e forniscono informazioni utili ad effettuare un auto esame del seno. Oggi, però, la situazione in quell’area è decisamente rischiosa.
Il progetto non si fermerà, la presentazione però è rinviata. "Il momento pubblico previsto – spiegano dallo Ior – si sarebbe dovuto basare in gran parte sulle testimonianze delle persone che lavorano nella clinica mobile e operano nelle zone oggi interessate dal conflitto. Attualmente, per loro sarebbe stato impossibile collegarsi come da programma, sia per ragioni pratiche che per motivi di sicurezza e non sarebbe stato corretto presentare il progetto senza poter ascoltare le loro voci e le loro storie".
Dietro il rinvio ci sono ragioni pratiche, quindi, ma anche contestuali alle tensioni di ordine politico e sociale che si sono generate anche in Italia nelle ultime ore in merito al conflitto israelo-palestinese. La solidarietà quasi unanime dell’Occidente, infatti, è andata a Israele. "In un momento così critico – aggiungono dallo Ior – volevamo evitare ogni possibile strumentalizzazione politica di un progetto che, per sua natura, non guarda ad altro che alla salvaguardia della salute, perciò abbiamo scelto di attendere momenti migliori, nel rispetto delle vittime di una e dell’altra parte".
Sofia Nardi