
L’assessore Luca Bartolini: "Se si arriverà al processo, rappresenteremo tutta la città vittima della banda. Siano rimpatriati o comunque mai più qui. L’integrazione? Siamo una comunità aperta, ma a loro non interessa".
L’assessore con delega alla sicurezza del Comune di Forlì, Luca Bartolini, ha annunciato che l’ente si costituirà parte civile nel processo a carico della banda di tunisini che venerdì è stata sgominata dalla squadra mobile.
Bartolini, l’arresto della banda fa tirare un sospiro di sollievo alla città?
"Per prima cosa, a nome di tutta l’amministrazione comunale ringrazio gli uomini e le donne della Squadra Mobile della Questura di Forlì-Cesena impegnati in questa capillare attività investigativa che ha portato all’identificazione e all’arresto di questa pericolosa baby gang tunisina, protagonista di numerosi episodi criminali in centro e in prossimità di vari supermercati, per strada e nelle abitazioni di decine di forlivesi. Ringrazio anche la Procura della Repubblica che ha coordinato le indagini".
Cosa significa che la città si costituirà parte civile?
"Se ci saranno le condizioni, ci costituiremo parte civile nei procedimenti a carico di questi soggetti perché riteniamo che la città di Forlì, nella sua interezza, sia la prima vittima di questi criminali".
Una posizione per poter recuperare un indennizzo?
"Si tratta di nullatenenti, non lo si fa per soldi di sicuro, ma per una presa di posizione politica: persone come queste non devono avere nulla a che fare con la nostra città. La nostra è una comunità inclusiva, aperta al dialogo e da sempre predisposta a favorire e rafforzare percorsi educativi volti a prevenire e contrastare il disagio giovanile. Ma a tutto c’è un limite e di fronte a episodi come questi e a gente che non solo dimostra di non volersi integrare nella nostra società ma delinque, l’unica risposta, la più importante, è il ripristino coatto della legalità".
Si potrebbe non arrivare al processo?
"Potrebbero essere direttamente espulsi. Però, a volte, si oppongono dichiarando che nel loro paese d’origine sarebbero perseguitati, per vari motivi. Nel caso venissero scarcerati, non dovranno mettere mai più piede in città. Credo che la maggioranza dei cittadini sia d’accordo nel non voler avere niente a che fare con persone del genere".
L’ha definita baby gang, ma l’età dei coinvolti è ormai più alta.
"Sì, non credo che la definizione sia quella giusta: questi sono criminali fatti e finiti. Poi, in generale, preoccupa l’atteggiamento di sfida che alcuni 13enni hanno, tanto non gli si può far niente, lo dicono proprio loro. Anche in questo caso si tratta, nove volte su dieci, di immigrati di seconda generazione".
Proseguiranno le operazioni congiunte?
"Sì, si tratta di un tavolo istituito dalla Prefettura a cui noi diamo il nostro contributo con la Polizia Locale. Abbiamo chiesto interventi per le case popolari e anche su altri fronti. Su questo, non indietreggeremo di un millimetro".