Morini
Non è una questione irrilevante. Certo, i problemi veri sono ben altri, ma per Forlì il ritorno nel mondo del calcio professionistico è qualcosa di importante, un motivo non tanto e non solo di orgoglio, quanto di crescita e di immagine; qualcosa quindi da ‘sfruttare’, nel senso migliore della parola.
Una cosa è giocare, con tutto il rispetto, con squadre di paesini e a volte persino di frazioni, un’altra è vedersela con club che hanno militato persino in serie A, con tifoserie importanti e davanti alle telecamere di Sky. Farsi trovare pronti a tutto ciò, con uno stadio all’altezza non solo delle normative – quello è obbligatorio –, ma anche alle aspettative della categoria, è doveroso. Ora, il tempo è oggettivamente poco, visto l’affollamento dei calendari calcistici che costringerà già a metà agosto a partire con la Coppa Italia e poi, ancora in estate, subito dopo col campionato.
Non sarà facile quindi riuscire a fare tutto nei tempi previsti, ma in palio c’è anche qualcos’altro di cui tener conto: partire dovendosi trasferire in un’altra città per le prime partite di campionato sarebbe una mazzata sull’entusiasmo provocato dalla straordinaria promozione appena ottenuta con numeri da record. Sarà una festa dunque tornare a metter piede fra i professionisti nel proprio stadio; non altrettanto, con tutta evidenza, se si debutterà lontano da casa. Non resta quindi che sperare che tutto fili per il verso giusto e che il Comune con la società riesca nella pur complessa impresa. Augurandosi poi che pure col tifo Forlì si faccia onore su tali palcoscenici, senza quei buu razzisti sentiti (e giustamente sanzionati) in passato e senza quelle terribili scene di guerriglia viste al derby di basket a Rimini. Lo sport di squadra può dare tanto a Forlì, lo dimostra il basket stesso, ma per essere un biglietto da visita deve essere all’altezza: sia dal punto di vista dei risultati, sia del tifo, sia degli impianti.