Sfida tra esperti in aula I periti dei giudici confermano: "Uccisa da traumi violenti"

Udienza del dibattimento di secondo grado a Bologna per il decesso, nel luglio 2019, della 33enne badante ucraina. Nel 2021 condannato il marito, contumace, a 16 anni.

Sfida tra esperti in aula  I periti dei giudici confermano:  "Uccisa da traumi violenti"
Sfida tra esperti in aula I periti dei giudici confermano: "Uccisa da traumi violenti"

Com’è morta Zlata? Torna il quesito. Poco più di 18 mesi dopo il verdetto di primo grado che ha stabilito che la donna sarebbe stata ammazzata dal marito (l’accusa ufficiale è maltrattamenti aggravati dalla morte della vittima), il dubbio si riplasma nell’aula della seconda sezione della Corte d’Appello di Bologna.

Dove il processo di secondo grado ha ieri vissuto probabilmente una linea demarcatoria: i due esperti di anatomopatologia e medicina legale, nominati dai giudici bolognesi, hanno confermato, con un altro linguaggio, più specifico, maggiormente analitico, il resoconto scientifico che il 22 ottobre 2021 indusse il tribunale di Forlì, con rito abbreviato, a sancire 16 anni di condanna contro il marito della donna, Oleksandr Zahariuk, 39 anni, ucraino, residente a Forlì fino all’alba del 22 luglio 2019, quando scappò dalla città sentitosi braccato dalla legge, per tornare in Ucraina, dove non c’è l’estradizione con l’Italia, e lasciando il figlio di 9 anni alla madre e al suo nuovo compagno.

Quindi: per gli esperti della Corte d’Appello di Bologna – Elio Torcia e Sabino Pelosi – Zlata, badante ucraina, 33 anni, trovata senza vita (dal marito) sul letto matrimoniale dei due la mattina del 7 luglio 2019, in un appartamento popolare di via Pantoli, è morta a causa di un "trauma sottodurale acuto di post-traumatico... sia nella zona frontale destra, sia nell’area occipitale sinistra...".

Non ci sono dubbi, hanno rimarcato gli esperti; Zlata è spirata a causa di percosse: "Le ferite sono compatibili con un’azione violenta messa in atto da terzi...", ha rimarcato il medico legale Pelosi. "I terzi", in questo caso, per l’accusa, sono riconducibili a una sola persona: Oleksandr Zahariuk, condannato in contumacia, di cui non si hanno tracce dal quel 19 luglio 2019, giorno della fuga da Forlì, dove s’era stabilito con la moglie qualche anno prima.

Tutto torna ora nelle mani e nelle volontà dei giudici della Corte d’Appello bolognese, presieduti da Maurizio Passarini. Che ha già fissato la data per la sfida finale in aula. Sarà il 23 maggio. Tra una ventina di giorni. Quel giorno la procura generale formulerà, con tutta probabilità, la richiesta di conferma della condanna a 16 anni per Zahariuk. Per il quale si batteranno però fino all’ultimo i suoi legali, Gianluca Barravecchia ed Erika Ferrini, che hanno sempre sostenuto l’innocenza del loro assistito; loro stessi sono stati i promotori della richiesta, accolta, d’una nuova perizia – oltre a quella della procura forlivese – sulle ferite della vittima; istanza che invece, a Forlì, era stata rigettata. Per i due difensori ha parlato ieri in aula il perito medico Gianfranco Zanetti, che ha ribadito i dubbi sulla fine di Zlata, debilitata fisicamente da un precedente tumore; Zanetti ha parlato di "atrofia del cervello" come presunta causa di decesso.

Dall’altra parte, Aurelio Caminiti, medico legale della parte civile, ossia in primis la madre di Zlata, assistita dall’avvocato Giuseppina Castronovo, s’è allineato alla tesi dei periti della Corte. "Siamo soddisfatti" è la chiosa stringata dell’avvocato Castronovo. Il resto lo dirà in aula il 23 maggio. Sfida finale d’Appello.

Maurizio Burnacci