Forlì, 23 settembre 2023 – Nel centro storico di Tredozio, tutto transennato perché una parte sta sotto la torre civica a rischio collasso, si affaccia anche il bar Eddy (fino a pochi mesi fa bar Derna), che si trova in una curiosissima situazione: da una delle due porte d’ingresso si può entrare e uscire, ma l’altra è stata dichiarata inagibile, perché fa parte della zona rossa.
Il bar all’interno non ha subito danni da terremoto, ma lo spazio all’esterno occupato dai tavolini è diviso a metà dal classico nastro bianco-rosso. "Il bar si trova proprio di fronte alla torre civica – racconta Alessandra Gentilini, madre e socia di Edoardo Graziani, gestore del locale – e quindi viviamo questa strana e un po’ preoccupante situazione con un occhio alla macchina del caffè e l’altro alla cella campanaria della torre".

I clienti, affezionatissimi, non si fanno intimidire dalle fettucce dei vigili del fuoco: "La mattina la gente viene a fare colazione e durante il giorno tutti hanno bisogno di un punto di riferimento per scambiarsi due chiacchiere". A metà mattina, entrano alcuni pompieri di Bologna e Modena, in servizio nel paese a controllare la stabilità delle case, insieme alle squadre degli ingegneri inviati dalla Regione: "Signora, siamo ancora qua per la seconda volta stamattina, ma abbiamo bisogno di un buon caffè che dia la carica anche a noi".
Il giovane aiuto barista Alessandro Sangiorgi scatta alla macchina, mentre la barista annota soddisfatta: "Anche con la porta divisa a metà, i tredoziesi, le forze dell’ordine, i volontari della Protezione civile e gente di passaggio sono contenti che il bar resti aperto, anche nella situazione incerta, perché anche noi abbiamo rischiato di rimanere intrappolati dentro la zona rossa".
Entrano quattro giovani della Protezione civile locale, fra i 35 sparsi per tutto il paese e soprattutto nel nuovo fulcro della vita sociale, trasferito forzatamente attorno al Centro sportivo Le Volte e al palazzetto dello sport, alle scuole sotto le tende e alla cucina da campo che sforna 150 pasti a pranzo e altrettanti a cena per gli sfollati: "Alessandra, ci fa, per favore due caffè e due aperitivi?", ordina Fabrizio Giovannelli, uno degli storici abitanti di Tredozio; dopo due sorsi, borbotta: "Per noi e per tutto il paese è importante che il bar resti aperto, perché è un punto di riferimento della comunità, che in questi duri momenti ha assoluto bisogno di ritrovarsi".
Nel suo viaggio al centro e attorno la zona rossa, la gente si ferma a parlare, i clienti dei tavolini invitano tutti a sedersi. Di fianco al bar si nota un cumulo di coppi rotti, comignoli di camini divelti e abbondanti calcinacci. "Sono le macerie – racconta Rodolfo Graziani, parrucchiere da 47 anni (i primi dieci a Firenze), con il negozio lì vicino al piano terra e l’abitazione al primo piano con la moglie – che i vigili del fuoco hanno gettato giù dal mio tetto. L’appartamento è agibile, ma crepe, calcinacci e gli affreschi ottocenteschi lesionati e recentemente restaurati , mi ricordano la violenza delle scosse".
I danni? Graziani, già assessore comunale nella precedente amministrazione, ci pensa un po’ prima di rispondere: "Di sicuro ingenti, come per molte altre case del paese, anche quelle che sono rimaste agibili". Conclude sconsolato il parrucchiere: "La casa? Qui ho investito i miei 40 anni di lavoro".
Altri vigili del fuoco, volontari della Protezione civile, muratori e operai della pausa pranzo entrano nel bar per il caffè prima di riprendere il lavoro. Entra anche la sindaca in divisa da Protezione civile, con alcuni collaboratori. Alcuni cittadini chiedono con discrezione: "Sindaco, per quanto ne avremo?". La risposta non arriva subito, neppure con una data, ma un’esortazione: "Occorre remare tutti insieme e vedrete che ce la faremo".