Forlì, vaccino contro il cancro: "Qui all’Irst già lo sperimentiamo"

L’oncologa Ridolfi: "Nuova tecnica che ha avuto una grande accelerazione con il Covid. Ma non serve a prevenire, è una terapia che guida la risposta immunitaria dell’individuo verso bersagli tumorali specifici"

Ricercatori dell’Irst nel laboratorio in cui si ricavano vaccini con cellule dendritiche

Ricercatori dell’Irst nel laboratorio in cui si ricavano vaccini con cellule dendritiche

Forlì, 14 aprile 2023 – Tra poco più di cinque anni potrebbe essere sul mercato. A comunicare i grandi (e inaspettati) passi avanti fatti negli ultimi mesi sui vaccini a mRNA contro il cancro sono Moderna e BioNTech, due nomi che ci sono diventati ormai particolarmente familiari: si tratta, infatti, di due tra le case farmaceutiche che hanno prodotto due dei più utilizzati vaccini contro il Covid-19. Proprio gli studi effettuati in emergenza, nel periodo più nero della pandemia, avrebbero dato una spinta significativa anche agli studi oncologici.

Dottoressa Laura Ridolfi, oncologa e direttrice dei reparti di Oncologia clinica e sperimentale, Immunoterapia e Tumori rari, all’Irst-Irccs di Meldola. Voi sperimentate già alcuni degli ultimi vaccini a mRNA?

"Sì, proprio quelli dei quali si sta parlando tanto negli ultimi giorni. La loro sperimentazione, per ora, si concentra sul melanoma. All’Irst, parallelamente, stiamo sperimentando anche altri vaccini, come quello a cellule dendritiche".

Quello a mRNA, quindi, non è l’unico vaccino in studio?

"Assolutamente no. Esistono tante tipologia diverse di vaccini che sono state studiate in passato con successo alterno e che sono in studio ora in associazione ad altri farmaci immunomodulanti".

Qual è, allora, la particolarità di quest’ultimo?

"Si basa su una nuova tecnica che era già in studio da anni, ma che ha avuto una grande accelerata dopo gli studi fatti sul Covid-19. La caratteristica più promettente che lo contraddistingue è la sua grande adattabilità che lo rende molto personalizzabile in base alle esigenze e alla patologia specifica dei singoli pazienti".

Il vaccino non avrà, quindi, una funzione preventiva?

"No, di fatto è una terapia".

Perché, allora, lo definiamo vaccino?

"Perché sfrutta il sistema immunitario. I vaccini anti tumorali, infatti, mirano a guidare la risposta immunitaria dell’individuo verso bersagli tumorali specifici. Il loro utilizzo, in futuro, sarà senz’altro in combinazione ad altri farmaci immunomodulanti: il vaccino servirà a guidarli verso i i bersagli giusti sulle cellule tumorali".

Quali sono, per ora, le percentuali di successo?

"Abbiamo dei dati sul primo step dello studio clinico effettuato sul melanoma metastatico: si riscontra tasso di risposta obiettiva del 16% per la monoterapia con vaccino che diventa del 35% per la terapia di combinazione, con un controllo di malattia globale che sfiora il 50%".

Tra i vantaggi dell’utilizzo del vaccino a mRNA, oltre a maggiori prospettive di guarigione, ci potrebbero essere anche minori effetti collaterali nel periodo della cura?

"Per ora sembra che qualche effetto collaterale ci sia, parliamo di sintomi simili a quelli dell’influenza: quelli, insomma, che si possono riscontrare dopo qualunque vaccino. Comunque si tratta di effetti collaterali molto gestibili e tollerabili dal paziente".

Il nuovo vaccino a mRNA riguarderebbe solo la cura del melanoma?

"Al momento le sperimentazioni con i dati più maturi si concentrano sul melanoma, sono tuttavia in corso molte sperimentazioni di fase 1 in altri tumori solidi come il tumore della mammella, del colon e del polmone sia in monoterapia sia in combinazione con altre terapie cellulari o altri farmaci immunomodulanti".