SOFIA NARDI
Cronaca

Vent’anni senza Leonardo Melandri. Domattina l’intitolazione al Campus: "Così mio padre portò l’università"

La piazza affacciata su viale Corridoni viene dedicata al senatore Dc. Il ricordo del figlio Valerio

La piazza affacciata su viale Corridoni viene dedicata al senatore Dc. Il ricordo del figlio Valerio

La piazza affacciata su viale Corridoni viene dedicata al senatore Dc. Il ricordo del figlio Valerio

Melandri *

Difficilmente mio padre parlava dei suoi successi. Ma c’era un racconto che non mancava mai di farmi: la nascita dell’università in Romagna. Quella sì, gliela sentivo ripetere quasi con tenerezza. Mi raccontava di quella volta in cui, insieme ad altri parlamentari – tutti, va detto, in perfetto stile bipartisan – andarono dal ministro dell’Università dell’epoca, il professor Antonio Ruberti.

Era un tempo in cui nessuno parlava di ‘decentramento universitario’. Esistevano solo le grandi sedi storiche. L’idea che a Forlì, Cesena, Rimini o Ravenna potessero esistere corsi di laurea dell’università di Bologna era, all’epoca, quasi eresia. Ma mio padre aveva una carta forte in mano: un testamento. Il testamento di Roberto Ruffilli. Qualche mese prima di essere assassinato dalle Brigate Rosse, Ruffilli – che doveva subire un intervento chirurgico – scrisse un testamento. Nelle ultime pagine, lasciava in eredità la sua biblioteca personale, composta da circa 8.000 libri, a una "nascente Università della Romagna". Nessuno, fino ad allora, aveva mai parlato di una "Università della Romagna". Non esisteva. Non era nemmeno in discussione. Ma in quelle righe Ruffilli vedeva lontano. Aveva già immaginato ciò che non era ancora nato.

Mio padre prese quel testamento e lo portò al Ministro. Durante l’incontro disse: "Ministro, con un testamento così, non vuole forse dare il via al decentramento dell’Università di Bologna verso Forlì, Cesena, Rimini e Ravenna?". Ruberti, si racconta, sorrise, chiamò il direttore generale del Ministero e gli disse: "Ascolta, metti nel disegno di legge che stiamo preparando le ultime quattro righe sul decentramento in Romagna". E fu così. Fu quella la scintilla.

L’Università di Bologna arrivò in Romagna grazie a un incontro. E a un testamento. Ma anche grazie alla tenacia di chi sapeva che certe battaglie si vincono con pazienza, con diplomazia, e soprattutto con una visione più ampia del proprio mandato. Mio padre diceva sempre: "La morte di Ruffilli non è stata solo una tragedia, è stata anche l’inizio di qualcosa. La sua eredità non è solo morale. È anche concreta. È servita a far nascere l’Università".

E oggi, a distanza di vent’anni dalla sua scomparsa, penso che avesse ragione. Le quattro sedi romagnole – Forlì, Cesena, Rimini e Ravenna – insieme formano oggi una realtà che ha dimensioni da vera e propria università autonoma. Una forza accademica e scientifica che ha cambiato il destino di migliaia di studenti e dell’intero territorio. E se oggi possiamo parlare con naturalezza di campus universitari in Romagna, è perché qualcuno, trenta o quarant’anni fa, ha fatto qualcosa che allora sembrava impossibile.

Chi lo ha conosciuto, sa che mio padre non si è mai considerato un eroe. Ma aveva capito una cosa: che i grandi cambiamenti nascono sempre da un concatenarsi di eventi, di persone, di gesti. E che il proprio ruolo è solo quello di contribuire con un passo in più. Senza cercare applausi. Ecco, oggi a vent’anni dalla sua morte, vorrei solo ricordarlo così: uno che ha fatto quel passo in più.

* docente universitarioe figlio di Leonardo