SILVIA ARFELLI, CRITICO D’ARTE
Cultura e spettacoli

Mostra al San Domenico: nello specchio si riflette su se stessi, tra desideri e paure

L’analisi delle opere attraverso i secoli: quadri del ‘900 da tutto il mondo, ma con la stessa inquietudine

Mostra al San Domenico: nello specchio si riflette su se stessi, tra desideri e paure

Forlì, 22 febbraio 2025 – E lo specchio fu. Uno specchio d’acqua, quello in cui Narciso vide se stesso per la prima volta, o un frammento di vetro riflettente, nel quale il volto specchiato generò tutta una serie di allegorie rinascimentali, spesso a soggetto femminile, di cui sono protagoniste ‘La Prudenza’ di Lavinia Fontana e la Venere del Tiziano. C’è una parola su tutte, “riflettersi”, che racchiude quella relazione strettissima tra corpo e mente, di cui gli autoritratti esposti nella nuova, grande mostra al San Domenico, rappresentano l’endorsement.

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Un dettaglio del ‘Doppio ritratto’ di Jacopo Pontormo, dipinto nel 1519

Se il primo autoritratto della storia dell’arte fu quello di Narciso, il cui mito viene rappresentato da numerosi artisti attraverso i secoli, da Tintoretto a Bill Viola, il percorso scivola via fra epoche ed esigenze differenti, che sottolineano il ruolo storico e sociale dell’artista e la necessità di autorappresentarsi in opere collettive, come avviene in epoca umanistica: un esempio su tutti è la ‘Presentazione al Tempio’ di Bellini per approdare al ‘Doppio ritratto’ del Pontormo che rappresenta già l’affermazione dell’autoritratto come genere autonomo, nel Cinquecento; una tematica che significa anche una meditazione sulle esistenze degli artisti, delle loro condizioni, dell’arte stessa.

Chi è l’artista? Un intellettuale, un attore, un cortigiano? Nel diciassettesimo secolo si afferma il modello dell’intellettuale gentiluomo, il cosiddetto ‘pictor doctus’, rappresentato dall’‘Erodiade’ di Simon Vouet e da alcune incisioni di Rembrandt. Nel Novecento, lo specchio diventa quello di una società deformata dalla Grande Guerra (Kirchner, Dix, Schad) ma che ci restituisce i numerosi autoritratti che hanno costellato la pittura di due miti assoluti come De Chirico e Van Gogh.

Ritratti e autoritratti che, da un lato, fanno il giro del mondo, con prestiti provenienti dal Museo d’Orsay di Parigi come dal Guggheneim di Bilbao, e dall’altro rappresentano lo stesso tipo di inquietudine, lo stessa ricerca del proprio ruolo, in quella chiave meditativa e autobiografica che ha legami profondi con la letteratura, la psicanalisi e le paure della nostra epoca.

È attraversando uno specchio che l’Alice di Carrol si ritrova improvvisamente in un mondo parallelo, dove si nascondono strani personaggi e pericoli di ogni genere, esattamente come quelli che incontriamo oggi quando oltrepassiamo lo schermo, l’universo si trasforma, diventa virtuale, e noi ci ritroviamo in rete. O senza.