Reggio Emilia, 25 agosto 2011 - L’IMPRONTA lasciata sul prato del Morgagni se l’è portata via il vento. D’altronde non è la stazza il surplus di Emanuele Giaccherini, fresco esterno juventino con trascorsi biancorossi. Un anno solo a Forlì, stagione 2004-’05, 22 presenze in C2 e una sola rete, neanche entrato nelle due sfide playoff al Ravenna. Era giovanissimo, Giaccherini, e oltretutto parte del campionato fu rovinata da un incidente. Guidava una Pandina bianca e aveva appena 19 anni, allora, l’attaccante tutto frulli che mister Cotroneo faceva entrare sempre a partita in corso: dribbling, spunto, sfrontatezza. Cambiava i match ma non segnava. Ora che è sbarcato nell’Olimpo del calcio mondiale Giak finisce di diritto nella hall of fame del pallone forlivese.
 

NON SONO tanti quelli che hanno dipinto di nero (o viceversa) le strisce rosse della maglietta col galletto. Il primo fu Italo Allodi, difensore con la maglia del Forlì — stagione 1951-’52 — e dirigente della Juve all’inizio degli anni ’70. Nell’album dei ricordi svetta però la chioma bionda di Massimo Bonini, quello che divenne un simbolo di gregariato alla Juve di Platini («Se fumo? L’importante è che non fumi Bonini» disse una volta Le Roi all’Avvocato) ma prima, a 19 anni, stagione ’78-’79, si era fatto le ossa e soprattutto i polmoni rincorrendo gli avversari che si perdeva per strada il ‘Principe’ Marchini, talentuosissimo numero 10 che agli affezionati di viale Roma evoca ancora poesia e sregolatezza.
 

MARCHINI vestì in carriera le due maglie ma col percorso inverso: cresciuto nelle giovanili della Juventus, finì a Forlì comperato al calciomercato di Milano da ‘Vulcano’ Bianchi. Sinistro magico e poca voglia di sbattersi: il ‘Principe’ dava il meglio di sè in casa e aveva una predilizione comprensibile per la fascia ombreggiata dalla tribuna del Morgagni. La sua stagione migliore, 35 presenze e 10 gol, fu quella che precedette l’arrivo di Bonini. In quegli anni la difesa del Forlì era al sicuro: c’era infatti Giuseppe Zaniboni, centrale che con la Juventus aveva vinto il campionato del 1973 prima di prendere la china calante. In biancorosso ebbe due allenatori: Attilio Santarelli e Giuseppe Vavassori . Quando nell’estate del ’79 lasciò Forlì, sulla panchina arrivò Sidney Cunha Cinesihno. Altro pezzo di storia forlivese passata da Torino.
 

BRASILIANO di Rio Grande, Cinesinho — se n’è andato per sempre nell’aprile scorso — era stato una mezzala dotatissima. Quando il Palmeiras lo vendette al Modena (1962) il presidente brasiliano incassò tanti soldi da potersi permettere l’acquisto di 15 giocatori. In Italia Cinesinho giocò anche con la maglia del Catania prima di passare alla Juve per sostituire Omar Sivori. La sua strada incrociò il Morgagni da allenatore. Retrocesso a Foggia, Cinesinho venne ingaggiato da ‘Vulcano’ Bianchi al Forlì (1979), dove realizzò una stagione indimenticabile: quella che portò i galletti ad un passo dalla serie B. In porta un altro asso, Giorgio Pellizzaro. Ingaggiato all’ultimo istante a causa di un incidente capitato al portiere Vettore, fu chiamato da Cinesinho che l’aveva allenato a Foggia. Un muro. A Forlì rimase solo quella stagione prima di tornare in A con la maglia del Brescia. Uomo di spessore, Pellizzaro, tanto che il calcio non l’ha mai lasciato. Appesi i guantoni al chiodo, l’ex numero uno del Forlì è diventato collaboratore di Claudio Ranieri. E proprio col mister romano ha vissuto esperienze in tutta Europa: Napoli, Fiorentina, Valencia, Atletico Madrid, Chelsea, Parma. E poi, nell’estate del 2007, Juve.
 

L’asse Juve-Forlì resta salda anche quando si sgretola l’èra Cinesinho. Estate 1981, arrivano in viale Roma Maurizio Schincaglia e Francesco Della Monica. Stesso ruolo (centrocampisti offensivi, si pesteranno spesso i piedi), identica trafila. Entrambi hanno appreso i rudimenti del calcio alla scuola Juve. Ma la loro esperienza forlivese durerà solo un paio d’anni, il tempo di retrocedere in C2 lasciando pochi ricordi nei tifosi biancorossi.