La commedia umana di Cleto Tomba

Dal 3 al 25 giugno l’artista castellano viene celebrato con una mostra che ricorda il trentennale della morte

L’opera di Cleto Tomba ‘All’esposizione’ del 1930

L’opera di Cleto Tomba ‘All’esposizione’ del 1930

Castel San Pietro, 24 maggio 2017 - E’ una commedia umana. Senza i drammatici spigoli di Balzac, ma con la traccia di una mano abituata precocemente a lavorare la creta, a trarre dalla mota del Sillaro le basi del futuro mestiere. E di un’arte che adesso brilla, nella mostra ‘Cleto Tomba. La contrada della luna’, viene celebrata nella cittadina natale dello scultore, Castel San Pietro Terme, nelle Cantine Bollini di Palazzo Malvasia (vernice il 3 giugno alle 18; fino al 25 giugno), in occasione del trentesimo dalla sua scomparsa. il mondo piccolo di Tomba riemerge in 92 opere plastiche -è un dominio assoluto della terracotta - e 15 di grafica, in parte mai pubblicate, provenienti da svariate collezioni private, con la collaborazione della figlia Bianca Maria e il patrocinio della Regione, della Città Metropolitana e del Comune di Imola. Da Palazzo Malvasia, nell’attuale via Palestro, la Contrada della luna dell’infanzia di Cleto, l’esposizione si dirama nella parrocchia di Santa Maria Maggiore, dove saranno in vetrina le oltre 40 figure del presepe creato nel 1943 e visibile di solito solo in tempo di avvento, mentre la residenza municipale presenterà una serie di figure sulla storia dell’abbigliamento. Chi non conosce i piccoli capolavori di Tomba, chi non ha ammirato una volta i suoi preti panciuti, i mariti ubriachi fronteggiati dalle mogli arcigne, gli avvocati azzeccagarbugli, i gruppi di pettegole e di suore con il candido cappellone?

E’ l’Italia degli anni fra i ’30 e i ’50, letta lungo un’ironia che nel momento in cui la deforma la rende. Già nel 1924 - dopo avere patito la Grande Guerra - Cleto, diplomato alla nostra Accademia di Belle Arti, comincia a scolpire statuine; e solo nel ’37 inizierà l’insegnamento di Figura e ornato modellato al Liceo artistico che terrà fino al 1968. Le opere monumentali per i caduti (per esempio una a Casola Valsenio) si diradano. Ancora nel ‘58 vengono scolpite le porte del Monte di Pietà a Bologna. Ma la strada è sempre più fatta di terra miniata. Sicché è merito della rassegna prodotta da Piero Degliesposti e curata da Beatrice Buscaroli, Adriano Baccilieri e Bruno Bandini, risalire alle creazioni del primo ‘900, quando Cleto (nato nel 1898 e trasferitosi a Bologna poco più che ventenne), era ancora piccolino: vedere, per credere, la ‘Testa di bimbo’ anteriore al 1905, o il ritratto del barbiere Pippetta, datato 1908. Come scrive la Buscaroli, in Tomba «non c’è né giudizio né morale, c’è una bravura prestata a un senso gioioso ma neutro della vita». Facile pensare alla nobiltà della plebe di Daumier, o al Beroldo. Ma niente caricatura, in Cleto, non nel ritratto dell’amico pittore Nino Bertocchi o nella squisita scena donchisciottesca. I vecchi bolognesi, in un dialetto non so quanto diverso da quello di Castello, avrebbero detto che la gran dote di Cleto era ‘al vàder’, la capacità di vedere dentro volti e cuori e caratteri. Indispensabile per tessere una commedia umana. Info Gratuito; lunedì-venerdì 17-21, sabato e domenica 10-13 e 17-21; sabato 17 giugno fino alle 24