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di FEDERICA ANDOLFI
CHIARA BENNI. Anni 33. Creativa, solare, amante del bello. Food stylist per passione e professione, lascia Imola per volare a New York. Qui diventa designer per una ditta di catering, una sorta di coreografa per parties e ricevimenti.
Nella Grande Mela ‘veste con gusto’ Chanel e Burberry. Ma i suoi banchetti e buffet collezionano altri ‘mandanti’ prestigiosi. Tishman, ad esempio.
Traguardi che Chiara ha raggiunto in poco tempo.
«Qui a Ny faccio questo lavoro da metà luglio — spiega — ma in Italia avevo già collaborato con il gruppo Arabeschi di latte».
Com’è nata l’idea?
«Ho sempre avuto passione per il cibo e tutto quello che lo riguarda. Quando ero all’università non mi perdevo una puntata della Prova del cuoco e mi trascrivevo le ricette che mi colpivano di più».
Da quanto tempo ha lasciato Imola da quanto?
«Sono partita il 9 febbraio 2009, e sono arrivata qui (New York, ndr) senza avere nulla, né un lavoro, né un colloquio a cui presentarmi. Volevo cambiare e così ho fatto. Mi sono licenziata e via.
Tre aggettivi per descrivere la sua professione
«Creativo, innovativo, stimolante».
Gli ingredienti giusti per essere una buona food stylist?
«Avere passione per il cibo, avere il gusto del bello, essere creativi».
Nel luglio 2010 partecipa al programma ‘Cortesie per gli ospiti’ in onda su un canale Sky.
«Esperienza molto bella, stimolante, divertente, ma anche faticosa. Ho perso, sì, ma il divertimento provato nel partecipare mi è bastato».
Qual è la tua clientela a New York?
«Io sono dipendente di una ditta di catering e non mi occupo in alcun modo del rapporto con i clienti, spesso non li incontro nemmeno. Chi li contatta è il gruppo di miei colleghi definiti Event Director. Comunque ci contatatno privati, aziende, case di moda, banche... ».
La retribuzione?
«Per gli standard newyorkesi è medio bassa, potrebbe essere molto più alta. Per intenderci il mio stipendio non mi permette di vivere da sola, o meglio potrei trovare ma in zone molto lontano da Downtown Manhattan tipo Harlem, Bronx, Brooklyn o Queens».
Il lavoro più importante che ti è capitato?
«Non saprei individuarne solo uno, ci sono troppi fattori che possono definirne l’importanza. Alcuni potrebbero essere marketing event alla New York Pubblic Library, marketing event al Moma...
Tra i clienti abituali?
«Chanel: loro vogliono tutto nero (tutti i vassoi intendo)».
Imprevisti, possono capitare?
«Sempre. Sembra assurdo ma è un lavoro stressante. Non lavoro da sola, e spesso quel che faccio dipende dalle informazioni che mi vengono date da altri: alle volte le informazioni sono errate o non complete».
Parliamo di cibo, ma è il gusto visivo che prende il sopravvento?
«Dipende, il cibo viene sempre assaggiato prima di essere venduto al cliente».
Cosa ti manca della tua città?
«La famiglia e gli amici, il fatto che la vita era molto più semplice, tutto a portata di mano».
Se Imola fosse un piatto, che piatto sarebbe?
«Tortellini in brodo: mia mamma era qui la scorsa estate e il mio capo (che è anche un cuoco) mi ha chiesto di farla venire al lavoro e di cucinare tortellini in brodo. Ha cucinato 20 uova di tortellini».