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di FEDERICA ANDOLFI
CHIAMARLI bestie sarebbe un’offesa per il mondo animale. Qualsiasi religione condannerebbe un gesto simile. L’amata lapide dedicata a Giovanni Paolo II è stata sporcata con ciò che rappresenta l’essenza di chi ha compiuto il gesto. Escrementi umani. Un’offesa all’uomo, al Papa, alla cittadinanza.
L’autore ha portato a termine il suo progetto meschino l’altra notte. Niente di improvvisato. Ha portato con sé un pennello (poi ritrovato dalla polizia). Come un’arma contro la sensibilità dei fedeli, lo ha usato per imbrattare quanta più superficie possibile di quel monumento che rappresenta il ricordo di una giornata storica per la comunità imolese.
La lapide è intitolata alla visita di papa Wojtyla: sono passati 25 anni, ma nessuno ha dimenticato le sue parole. Il suo sguardo. Era il 9 maggio 1986.
Gli addetti alla pulizia, inviati dal Comune, sono intervenuti nella prima mattinata. Hanno cancellato la macchia dalla lapide ma non dalla coscienza del vile artefice.
I MISERABILI andarono in scena già sei anni fa. I vandali del 2005 vergarono una «A» con una bomboletta spray rossa aggiungendo con un carattere più piccolo, la scritta «Via la piovra vaticana da questa città». La lettera cerchiata richiamava il simbolo anarchico. Ma all’epoca l’oltraggio alla targa, posta accanto alla Rocca Sforzesca, fu corredato da una frase offensiva diretta alla Chiesa.
Il gesto dell’altra notte non ha colpito solo la comunità dei fedeli, ma la dignità di tutti gli uomini. Che l’offesa sia datata 2011 o 2005 la certezza è che solo una mano ignobile può essere capace di tanto. Forse la stessa infida mano.
Il rispetto che non c’è ha colpito Imola altre volte. Sempre nel 2005 era stato distrutto con un bastone il cippo di via Zambianchi che ricorda la strage dell’11 settembre.
Nello stesso anno, ancora un atto vandalico. Questa volta contro la lapide in marmo del parco giardino di via Villa Clelia, intitolata al ricordo delle Vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980. Fu spezzata in due parti.