Imola, 19 aprile 2014 - La sua fedina penale ora è pulita. Quasi quattro anni fa aveva rischiato di rovinarsi la vita per sempre. Accusato di tentato omicidio e porto abusivo d’arma, era stato arrestato per aver accoltellato un compagno di scuola fuori dall’istituto che i due — all’epoca entrambi minorenni — frequentavano.
Dopo due anni trascorsi in una comunità a Pesaro, studiando e lavorando, il tribunale dei minori, solo pochi giorni fa, ha dichiarato l’estinzione del reato. F. G., 20 anni residente nel Lughese, è tornato a casa, dai suoi genitori, per riprendere in mano le redini della sua vita. Il suo ‘amico’, invece, un 21enne di Imola, non l’ha mai più sentito da quel giorno in cui un fendente gli ha perforato lo stomaco, mettendo a repentaglio la sua stessa vita.
I fatti risalgono alla mattina del 5 ottobre 2010. A quanto si è appreso dalle indagini, tra i due da tempo non correva buon sangue, il loro rapporto era contraddistinto da continui screzi e dissapori tanto che diversi compagni di scuola hanno confermato che se l’erano giurata. Quella mattina, davanti al Cefal di Villa San Martino (Lugo), il lughese, all’epoca 16enne, si era presentato con un coltellaccio, l’imolese, di un anno più grande, con un tirapugni. Poi il folle gesto. F. G. si scagliò contro l’imolese con la lama da 15 centimetri, colpendolo più volte. La vittima uscì da quell’aggressione con diversi tagli, ma uno in particolare ha preoccupato seriamente i medici: la lama gli aveva perforato lo stomaco e fu operato d’urgenza.
Il resto è cronaca di quei giorni: l’imolese si riprese e fu dimesso, il lughese invece finì in arresto, reo confesso, prima in una comunità del Pratello a Bologna, poi a Pesaro. I difensori Alberto Padovani ed Ercole Muccinelli optarono per il rito abbreviato e, davanti al giudice per l’udienza preliminare del tribunale dei minori Anna Filocamo, l’8 febbraio 2011 il processo è stato sospeso con ordinanza. Accogliendo la richiesta dei difensori, per il giovane lughese è stata concessa la messa alla prova, una modalità prevista solo nel processo minorile. F. G. doveva trascorrere due anni in una comunità lontano da casa, sottoporsi a valutazioni periodiche e alla fine, in base alle valutazioni espresse da professionisti, la procura avrebbe potuto valutare le richiesta di estinzione del reato. E così è stato.
«Siamo di fronte al caso di una persona completamente recuperata — commenta il legale difensore Padovani —. E’ un minore salvato, non posso che esprimere la mia totale soddisfazione». Il giorno stesso in cui il giudice Filocamo ha dichiarato l’estinzione del reato, il ragazzo è potuto tornare a casa dai genitori che, in questi due anni, ha visto in maniera controllata, con incontri che andavano via via intensificandosi. «In comunità ha seguito corsi di specializzazione — continua il legale —, ora, tramite gli assistenti sociali, ha in programma diversi colloqui di lavoro. Il suo obiettivo è l’inserimento lavorativo».
Cristina Degliesposti
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