REDAZIONE IMOLA

Alluvioni, Santerno sotto la lente: "Casse d’espansione e più cura per scongiurare altri gravi disastri"

Esperti a confronto alla Fondazione Cassa di Risparmio, la burocrazia il problema da superare. Vai e Brath: "I cambiamenti climatici hanno peggiorato la situazione. Serve un nuovo approccio".

Le autorità che hanno partecipato al convegno dedicato alla prevenzione delle alluvioni, organizzato dalla Fondazione

Le autorità che hanno partecipato al convegno dedicato alla prevenzione delle alluvioni, organizzato dalla Fondazione

Casse di espansione, piani per prevenire il rischio di alluvioni e frane e accettare che "ci sono stati dei cambiamenti e non si può più costruire come prima". Problemi che sono "frutto di decenni di disattenzione". È ciò che emerge dal convegno "La Valle e la Pianura del Santerno, una geologia modellata dall’uomo di cui (da) sempre urge prendersi cura", che si è tenuto ieri alla Fondazione Cassa di Risparmio di Imola. Tra gli ospiti, Gian Battista Vai, geologo dell’Accademia delle scienze dell’istituto di Bologna, Amando Brath, professore ordinario all’università di Bologna e ingegnere idraulico, Matteo Berti, geologo e docente dell’Alma Mater e Marco Pizziolo, funzionario della regione Emilia-Romagna all’area geologia, suoli e sismica.

Gli esperti hanno affrontato il delicato stato del territorio della Valle del Santerno. "Un clima più piovoso per effetto del riscaldamento globale ha peggiorato la situazione, insieme a una mancanza di manutenzione delle aree e uno sfruttamento passato delle aree fluviali" ha cominciato il professor Vai.

E la situazione resta complessa. "Al momento, non ci sono piani sostenibili che permettano di ridare spazio ai fiumi che si sono ristretti e alzati, aggiungendo per esempio bacini di laminazione. Inoltre, si continua a sottovalutare il problema – ha spiegato Vai –. Si pensi al nuovo ponte di Carseggio a Casalfiumanese: è stato costruito 30 centimetri al di sotto del livello di piena massima avvenuti nel 2014 nei ponti della Vallata". Il professor Brath, in linea con l’intervento del collega, non ha mancato di fare una considerazione severa per il futuro.

"Serve una revisione dell’approccio tradizionale alla difesa idraulica del territorio, perché quella vecchia non funziona più. Vanno realizzate casse di espansione e ci vuole una cura della vegetazione fluviale, indebolita a causa della diminuzione del presidio idraulico – ha spiegato –. Soprattutto, va svolta un’analisi caso per caso, lavorando su piani di minimizzazione del rischio". In tema di frane, la parola è andata al professor Berti, che ha analizzato la causa del forte numero di scivolamenti avvenuti nel maggio 2023. "Nel nostro terreno, a discapito di ciò che si dice, ci sono delle rocce di qualità, che però tra uno strato e l’altro presentano una discontinuità che può scivolare – ha evidenziato il professore –. L’ingente pioggia di maggio 2023 ha fatto sì che, nei territori con un versante più inclinato, ci fosse uno scivolamento di detriti. In quelli meno inclinati, invece, c’è stato uno scivolamento in roccia". Per Berti serve inoltre uno ’schiaffo’ alla burocrazia, soprattutto per quanto riguarda i risarcimenti. "L’accesso ai fondi per i cittadini è stato rallentato dalla pesantezza delle pratiche. Prevenire è difficile, ma bisognerebbe consentire alle persone di ripartire subito" ha ribadito con fermezza. Un altro problema per il professor Marco Pizziolo è sicuramente il mancato aggiornamento della cartografia. "Molte frane non erano state riconosciute, quindi nel 2023 sono state conteggiate sopra qualcosa che non è stato tenuto in conto nel passato. Aggiornare le cartografie e valutare anche le zone non in frana o non interessate può aiutare a limitare i problemi e a prevenirli in futuro", ha ribadito. Numerose le domande del pubblico che ha ribadito la necessità, dalla Vallata alla Bassa, di accelerare le opere necessarie a mettere in sicurezza il territorio.