Cadalora: "Un lottatore forte e generoso"

Il tre volte campione del mondo racconta amicizia e rivalità con il team manager. "Abbiamo sperato a lungo, poi il tragico epilogo"

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di Mattia Grandi

Luca Cadalora è stato, senza ombra di dubbio, uno dei talenti più puri della scuola motociclistica italiana. Tre titoli mondiali all’attivo, uno in 125 nel 1986 ed il bis in 250 nel biennio 1991-1992. Vice campione del mondo della classe regina, l’allora 500, dietro a sua maestà Mick Doohan nel 1994 ed un recente passato come personal coach di Valentino Rossi. Pilota tecnico e completo il modenese, finissimo collaudatore. La malattia e la morte prematura di Fausto Gresini, a metà degli anni Ottanta suo compagno di squadra in Garelli e principale antagonista per lo scettro iridato della classe minore, l’hanno lasciato senza parole.

Cadalora, il suo amico Gresini ha lottato come un leone ma ha perso la battaglia per la vita.

"Noi ex piloti abbiamo una chat sul telefonino. I preziosi e costanti aggiornamenti del figlio Lorenzo e della moglie Nadia hanno alimentato più volte le nostre speranze prima del triste epilogo. Questo virus è indecifrabile. C’è chi se l’è cavata con un’influenza e chi, come Fausto, purtroppo non è più tra noi".

Melandri ci ha confidato che la dipartita del team principal della Gresini Racing priverà il paddock del motomondiale di una figura dall’assoluta valenza negli equilibri di quell’ecosistema da bordopista.

"Per il personale della sua squadra e i suoi piloti sarà un momento durissimo. Fausto lascia un grande vuoto nel cuore di tutti. Una persona per bene, genuina, con dei valori".

Facciamo un passo indietro salendo sulla macchina del tempo. Nel 1986 per quel titolo mondiale della classe 125 non vi siete di certo risparmiati.

"Fu una battaglia tremenda. In quel momento la nostra rivalità era davvero accesa nonostante fossimo all’interno dello stesso box. Un antagonismo sempre corretto e sportivo, con grande rispetto l’uno dell’altro".

Che pilota era Fausto Gresini?

"Un avversario tenace di quelli che non mollano mai. Lottatore incredibile, forte e generoso al tempo stesso".

Un bel derby tra voi. Lei emiliano e lui romagnolo.

"Ci chiamavano i fratelli d’Italia. Due piloti con il tricolore cucito sul petto in lotta per il trionfo finale, fu una sfida entusiasmante anche per il pubblico sugli spalti. Lui era il campione del mondo in carica che poi si ripeterà, con un quasi en plein, nel 1987".

Appeso il casco al chiodo, Gresini materializza l’idea di creare un team indipendente.

"Il suo grandissimo pregio è stata la capacità di mettere in piedi una struttura efficiente dal nulla dopo la breve esperienza al fianco di Pileri. Stimato e apprezzato da tutti, preparato e intelligente. Cinque titoli mondiali al muretto box non si vincono per caso".

Attorno ai suoi piloti voleva il clima ideale.

"Aveva una spiccata sensibilità nel far sentire a proprio agio i suoi ragazzi. Non solo. Conosco bene alcuni collaboratori della Gresini Racing e mi hanno sempre descritto un ambiente umano e familiare proprio grazie all’impegno di Fausto".

Un aneddoto?

"Durante il mio triennio al fianco di Valentino Rossi ci siamo ritrovati nel paddock del motomondiale dopo diverso tempo. Una bella sensazione la riscoperta di essere invecchiati con più saggezza e maturità. Gli aneddoti sono tanti come i momenti felici trascorsi con Fausto".

Ne scelga uno.

"E’ più recente. Un volo aereo da Bologna a Dubai, tappa di scalo per attraccare in Australia per i nostri impegni nel circus. Seduti uno a fianco dell’altro. Cinque ore trascorse ripercorrendo i ricordi e le tappe delle nostre carriere. Vecchi piloti sì, ma pure vecchi amici".