Chef Mascia: "Abbino per voi i piatti ai piloti"

Dal bistellato San Domenico ai campioni del Gp di F1: "Domenicali? Una tartare. Schumi un risotto e Hamilton... un tagliolino"

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C’è poco da giocare nel settore della ristorazione: tra chiusure, restrizioni, orizzonti con schiarite lontane è stato un anno durissimo. E Max Mascia, chef due stelle Michelin del glorioso San Domenico (una delle istituzioni culinarie d’Italia e non solo), lo sa bene. Ma per il Carlino accetta di abbinare u piatto a qualcuno dei campioni della Formula 1.

Partiamo dal campionissimo, sette volte vincitore sul Santerno (l’ultima nel 2006, anno dell’ultimo Gp di San Marino), Michael Schumacher: "Schumi è un risotto, perfetta sintesi tra tecnica e passione", sintetizza Mascia.

E se gli si chiede di Lewis Hamilton, uno che ha detto di ritenere Imola e il suo autodromo bellissimi, beh, la risposta è netta: "Hamilton è un tagliolino con scampi carciofi e scorza di limone. Deciso, ma elegante. Con una punta di acidità che rende unico il piatto". Inevitabile arrivare poi a Stefano Domenicali: l’imolese adesso è a capo del circus di F1 e molte speranze di rivedere nel 2022 i bolidi sfrecciare fra Tosa e Rivazza sono affidate a lui: "Stefano è una tartare di pesce. Delicato ma deciso. Vero e indiscutibilmente di qualità".

C’è poi Charles Leclerc, per cui Mascia fa il tifo: "A lui abbinerei la cucina provenzale della Costa Azzurra... di stampo francese, ma con materia prima italiana che è decisamente migliore! Talento e ‘sbuzzo’ come si dice in Romagna!".

Custodi delle tradizioni e di piatti che sono ormai patrimonio della cucina mondiale come l’uovo in raviolo – una scioglievole delizia di tuorlo cinta dal ripieno dei tortelli, racchiusa fra veli di pasta sottilissima irrorata da burro nocciola, parmigiano e tartufi – al San Domenico quest’anno non si ripeterà la magia che ha caratterizzato il ristorante nei giorni della F1 fino a metà anni Duemila: "Arancioni o rossi, per noi cambia poco. I contagi non sono solo colpa nostra, meglio avere regole più severe e controlli approfonditi. Ma riapriteci: gli amministratori locali hanno fatto il massimo, ma da Roma...".

Su 100 giorni i ristoratori ne hanno lavorati 20 in maniera decente’: "Pensate cos’avrebbe significato avere il pubblico in autodromo, distanziato, all’aperto, su seggiolini non ravvicinati. In ogni piccola tribuna, con accessi e servizi dedicati, ci sarebbe stato un ristorante imolese. Tutto regolare, con tamponi e controlli. Avrebbe impresso una grande svolta, anche economica. Per fortuna questa F1 è un investimento per il futuro – ragiona lo chef –. Speriamo ci porti altri eventi nei prossimi mesi. Ma senza decisioni da Roma di un certo tipo, l’impegno che mettono il sindaco Panieri o il governatore Bonaccini rischia di essere un’arma spuntata".

Quando la F1 era davvero la F1, "in una settimana si lavorava quanto si fa normalmente in due mesi. Pranzi, cene, catering, gruppi, feste", ricorda Mascia. Ad esempio Jean Todt era un cultore del culatello e dei panini gourmet, mentre Ross Brawn un grande appassionato di vini. "Un pilota che veniva spesso era Jenson Button, grande amante dei tortelli – chiude Mascia –. Un altro cliente Jarno Trulli, abruzzese come il nostro Valentino, d’altronde. Siamo pronti per dare il massimo, vogliamo tornare a dare il massimo".

va.ba.