Dopo mezzo secolo di attesa, tra ricerche, indagini e studi, il restauro conservativo del ciclo di affreschi della chiesa di Riviera di Casalfiumanese è terminato. Strappato al degrado, ma con ogni probabilità al rischio di perdita totale, il patrimonio del santuario casalese ha rivelato decori, affreschi, antichi simboli e raffigurazioni agiografiche che meritano un posto tra le pagine della grande storia dell’arte. Le operazioni di restauro portano la firma di Margherita Monica Boffo (già nota per la scoperta e il recupero dell’affresco della Madonna di Villa Torano, ndr), insieme al suo team di lavoro, scelta da don Antonello Caggiano Facchini che dirige la sezione beni culturali della Diocesi di Imola. L’intervento, però, ha avuto anche il costante supporto del vescovo Giovanni Mosciatti e la tutela della Soprintendenza di Bologna. L’edificio sacro, tra i più antichi luoghi di culto della vallata del Santerno e una delle poche chiese in sasso di fiume della provincia bolognese, rappresenta un eccellente esempio d’austera razionalità tardoromanica con genesi di edicola poi ampliata. Pianta rettangolare a navata unica, con sette cappelle inclusa la maggiore, il tempio di devozione mariana vide un crescente interesse dopo l’apparizione della Vergine ad una giovinetta del contado nel 1428. Nel catino absidale troneggia elegante l’affresco della visitazione di Maria ad Elisabetta, datato 1516, mentre nella volta si affacciano i busti di Zaccaria e re David. Ai lati, i profili oranti di due frati dell’Ordine dei Servi di Maria: Pellegrino Laziosi e Filippo Benizi. L’opera di restauro permette ora di ammirare le figure di San Leonardo e del Diacono Lorenzo e quello che rimane di un San Francesco di pregevole fattura trecentesca. C’è anche una tela raffigurante la Vergine con bambino, copia novecentesca dell’originale conservata a Brera, a firma di Jacopo Bellini che nel 1912 lasciò questo luogo. Meravigliose le tre campane, ancora conservate nella cella della torre romanica, sorrette da un castello ligneo.
Un po’ di storia: nel 1855 anche su Riviera riversò la furia dell’epidemia di colera e si pensò di coprire pareti e volte della chiesa con la calce nel tentativo di porre un freno alla diffusione morbo. Da allora, un lungo stato d’abbandono fino ai primi anni del secolo scorso con i primi interventi sul tetto.
Nel 1960, però, il santuario fu restituito al culto ma gli affreschi rimasero, tuttavia, prigionieri dell’intonaco fino al recente restauro. La presenza dei Servi di Maria fino al 1643 conferma, inoltre, la sua centralità lungo l’asse viario diretto a Venezia e a metà del XVI secolo il piccolo convento spalancò le porte a Papa Paolo III. Il recupero dei dipinti ha interessato anche lo scudo araldico della famiglia Gamberini-Masolini, cinquecenteschi committenti, al di sotto del quale si celava l’antico stemma dei Servi di Maria. La particolare versione della corona sovrastata da tre gigli che emerge da uno sfondo blu, così come i due putti posti ai lati per sorreggere lo scudo con le iniziali dell’ordine, parlano chiaro. E in lavorazione c’è già un libro, a firma della Boffo, che ripercorrerà l’epopea di quella chiesa nella campagna casalese che ha un posto nella storia e nella cultura dell’arte italiana.