Coronavirus, positivo dopo il torneo di scacchi. "In Austria il covid non spaventa"

Giovane imolese partecipa a una sfida internazionale e scopre di aver contratto il morbo al ritorno. "I protocolli di sicurezza là sono molto meno rigidi"

Il giovane, di 26 anni, è ora seguito dall’Ausl

Il giovane, di 26 anni, è ora seguito dall’Ausl

Imola, 5 agosto 2020 - Ha descritto minuziosamente nel suo blog il resoconto dell’esperienza al torneo di scacchi 'Jacques Lemans' di St. Veit an Der Glan in Carinzia nello scorso mese di luglio con tanto di brutta sorpresa finale: la positività al Covid-19.

Non è certo stato un bel rientro in città per un 26enne imolese che, ancora in questi giorni, sta facendo i conti con la malattia. Un caso catalogato alla voce sintomatico per le autorità sanitarie. Un caso che apre una profonda riflessione sulla visione del contagio pandemico in altri Paesi europei. «Ho trascorso il previsto periodo di isolamento domiciliare in casa con grande serenità – racconta –. Fortunatamente la mia abitazione è spaziosa e mi sono trasferito in pianta stabile nella camera da letto». In attesa del tampone di controllo programmato per questa mattina.

«Il primo l’ho eseguito all’ospedale di Imola il 24 luglio, con il referto di positività al virus che mi è stato comunicato nell’arco delle successive 24 ore – spiega –. Mi aspetto buone notizie. In caso di negatività ripeterò a stretto giro il test per il definitivo ritorno alla vita sociale».

Diversamente, in assenza di sintomatologie significative, scatterà la nuova fase di quarantena domestica settimanale e la ripetizione della procedura di verifica. «Ad oggi ho avuto soltanto un leggerissimo raffreddore – racconta il giovane–. Se non avessi intrapreso il viaggio all’estero probabilmente non ci avrei nemmeno dato troppa importanza».

Anomala l’applicazione del protocollo sanitario anti Covid 19 all’interno della location di gioco austriaca divisa in due stanze principali: l’atrio e la sala di gioco. «In quest’ultima, per ogni giocatore, vigeva l’obbligo di indossare la mascherina ed igienizzarsi le mani mediante un gel idroalcolico contenuto in un dispenser – sottolinea il giovane –. Nessun rigore sul tema, invece, nell’atrio così come durante la successiva cerimonia di premiazione organizzata nella stessa stanza di svolgimento del torneo».

E un’affermazione che vale una mezza sentenza: «In quei frangenti quasi nessuno portava sul volto il dispositivo di sicurezza. Insomma, le misure in vigore erano piuttosto controverse». Comportamenti che alimentano dubbi. «Le riflessioni sono iniziate già durante il soggiorno, non mi sentivo tranquillo – prosegue il racconto –. Addirittura in un supermercato del posto sono rimasti sorpresi nel vedermi entrare con la protezione personale. Desideravo essere sicuro di non rappresentare un pericolo per le altre persone al rientro».

Un gesto di grande responsabilità: «Ho avvisato anche l’organizzazione del torneo per mettere in allerta gli altri partecipanti». Concreta la sensazione di una differente percezione del contagio pandemico rispetto ai canoni italiani.

«Completamente un’altra visione – commenta amareggiato il ragazzo –. Prendiamo ad esempio i protocolli di gioco adottati dalle federazioni scacchistiche. In Italia c’è l’obbligo dell’utilizzo della mascherina e della visiera protettiva».

Non solo. «Nella prima stesura della normativa era previsto perfino l’utilizzo dei guanti poi revocato – conclude –. Vietati gli spostamenti all’interno della sala da gioco, l’analisi post partita con l’avversario e qualsiasi cerimonia». Insomma, per una volta, i maestri del ’rigore’ sembrano rimasti indietro.