Coronavirus Imola, il racconto della guarita. "Ho temuto per i miei cari"

La castellana Pamela Grimaldi, 38 anni, è uscita dall’incubo: "Ho avuto paura, ho pianto ma ora sono felice"

Pamela Grimaldi

Pamela Grimaldi

Imola, 24 marzo 2020 - La paura ha il volto di una stanza vuota e due occhi che ti guardano da dietro una mascherina. E’ lì, racchiusa nel bel mezzo di un incubo, dove il timore di perdere tutto è il sentimento più forte.

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Ha abbracciato il suo ‘tutto’ Pamela Grimaldi, ha stretto forte sua figlia di tre anni, Nami. E’ la prima cosa che ha fatto una volta tornata a casa, una volta sconfitto il Coronavirus. "Ho versato tante lacrime, le stesse che verso ora – racconta –, ma con un sapore diverso. Sono guarita". La 38enne è la prima cittadina di Castel San Pietro liberatasi dal Covid-19. Dopo 15 giorni anche il secondo tampone è risultato negativo, e ora torna dai suoi cari dopo le due settimane più difficili di una vita intera.

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Cosa le è passato per la testa durante il ricovero in ospedale? "Non trovo un aggettivo che possa contenere tutti gli stati d’animo, le emozioni che mi hanno avvolta e stritolata da capo a piedi, come una coperta di lana bagnata. Spesso ho avuto paura, perché sappiamo così poco di questo Coronavirus: ho visto ragazzi giovani stare molto male, con il respiro affannato, ho visto altri malati sedersi affaticati dopo pochi passi. Io mi considero una vera fortunata". Quando ha cominciato a sentirsi poco bene? "Tutto è iniziato il 6 marzo con mal di gola e un forte mal di testa alla base del collo, tanto che ho pensato in un primo momento fosse cervicale. Verso sera poi mi è salita la febbre fino a 39: ho preso la tachipirina e sono stata meglio solamente per un’ora. Il giorno dopo non miglioravo, in più avevo una tosse continua, così ho allertato la guardia medica di Imola che ha fatto segnalazione al Pronto soccorso. Mi sono venuti a prendere con un’ambulanza, mi hanno fatto il tampone, e dopo diverse ore mi hanno detto che era positivo". Solo lei può sapere come ci si sente in quel momento. "Ho subito pensato a mia figlia, poi a mia nonna di 91 anni, Dina Tonelli, con la quale vivo, poi a tutte le persone che avevo incontrato. La paura di aver contagiato tutti è stata la prima cosa. Poi però, fortunatamente hanno passato tutti indenni le due settimane di isolamento preventivo". Le è mai capitato di pensare ‘dove l’avrò presa’? "Molte volte, ho ripercorso i miei passi delle due settimane precedenti alla malattia. Raramente ho frequentato posti affollati, a parte qualche supermercato, o la sala d’aspetto dell’ospedale di Imola. Quel giorno ero al Santa Maria della Scaletta per una visita: c’era tantissima gente, ho la sensazione che lì possa essere successo qualcosa, ma in fondo potrei averla presa ovunque". Come ha passato il ricovero? "E’ stata dura rimanere 15 giorni chiusa in una stanza, senza poter abbracciare i miei cari, l’unica cosa che avevo con me era il telefono. Anche infermieri e medici (seppur ben protetti) cercavano di stare vicini ai malati il meno possibile per evitare di diffondere il contagio. Ma in fondo è questo il prezzo da pagare per guarire". Che immagine porterà con sé di questa esperienza? "E’ quella della dottoressa che entra per la prima volta nella mia camera senza mascherina per dirmi che ero guarita. Mi sono messa a piangere. Di felicità".