Covid Imola, la psicologa: "L’isolamento, il nostro nemico più grande"

Silvia Bianchi dottoressa del supporto psicologico anti-Covid dell’Ausl, racconta gli effetti della pandemia sui cittadini

Silvia Bianchi, psicologo dirigente dell’Ausl, nel team del supporto anti-Covid

Silvia Bianchi, psicologo dirigente dell’Ausl, nel team del supporto anti-Covid

Imola, 24 gennaio 2021 - La task-force dell’Ausl contro le paure da Covid risponde al 334-6687830. Psicologi, psicoterapeuti pronti a dare un aiuto alla cittadinanza in un momento così difficile. Un filo diretto istituito dall’azienda sanitaria già con il lockdown di marzo, che è un fido alleato dei supporti psicologici per i sanitari e pazienti ospedalieri e per i ‘plotoncini’ delle usca, le piccole squadre di medici che vanno ad assistere a casa i pazienti Covid. Il servizio alla cittadinanza è disponibile il lunedì e il giovedì dalle 15 alle 17; il martedì, il mercoledì e il venerdì dalle 11 alle 13. Dall’altra parte della cornetta c’è anche Silvia Bianchi, psicologo dirigente dell’Ausl.  In prima linea . L’altro fronte della guerra contro il Covid si combatte anche per telefono: si risponde ai dubbi di una cittadinanza in cerca di aiuto. Un popolo a volte assediato dalla solitudine, dagli attacchi di panico e da situazioni che già prima scricchiolavano, crollate sotto il peso della pandemia. Dottoressa Bianchi, quanti sono gli imolesi in crisi? "Fra ottobre e novembre – con la risalita dei contagi – eravamo letteralmente assediati dalle telefonate. Ora, con i dati in leggero calo le richieste d’aiuto sono diminuite". Un andamento praticamente speculare a quello della curva epidemica quindi, la tendenza era la stessa anche durante l’ondata di marzo? "Quello era un periodo di ancora maggiore incertezza, nel quale si sapeva davvero poco della malattia. Il cambiamento è avvenuto non tanto nei numeri, ma nel tipo di telefonata". Ci spieghi meglio. "Adesso è aumentata la quantità di persone che si rivolgono a noi perché stanno male veramente, fra loro c’è anche chi ha bisogno di un consulto continuativo". E come viene gestito? "Se lo psicologo lo ritiene necessario lo indirizza verso il Centro di salute mentale dell’Ausl per avviare un percorso, nella seconda ondata è successo nel 20-25% dei casi (dati approssimativi). Se invece chi chiama non viene considerato ’a rischio’ può telefonare da noi quante volte vuole". A rischio di cosa? "Anche a rischio suicidio". Quali sono le principali paure che vi vengono raccontate attraverso quella cornetta? "Metterei in cima, ovviamente basandomi sulla casistica che abbiamo avuto fino a questo momento nella seconda ondata, la paura dell’isolamento per chi è in quarantena: le persone si sentono bloccate dal panico per la loro solitudine". Una ’situazione tipo’? "Quando ci si trova a casa, isolamento fiduciario, magari con un parente in ospedale o addirittura deceduto per il Covid". La solitudine è quindi il nemico peggiore? "La percezione di isolamento è la cosa più pericolosa: tutto ciò che prima scricchiolava con il Covid (quindi anche patologie ’latenti’) ora viene amplificato. Secondo i nostri dati, parziali e non legati a una casistica così vasta i sintomi di chi si rivolge a noi sono: solitudine (24%), attacchi di panico (33%) e rabbia (28%). Ma ci sono anche insonnia, stress, sensi di colpa". Che persone sono quelle che chiamano? "L’età media è fra i 42 e i 55 anni, di cui il 38% sotto la media. Ci chiamano anche molti giovani fra i 20 e i 30 anni – circa il 20% – e per la maggior parte sono donne. Tutti dati che vanno presi con le pinze, perché la casistica è relativa solamente a chi si rivolge a noi, non possiamo sapere cosa succede in ogni casa". A proposito di casa, l’effetto lockdown cosa può generare nella vita di coppia? "Ci è capitato, in rari casi, di essere contattati da uomini, spesso spinti dalle proprie compagne, assediati da una forte rabbia, con il rischio di scaricarla sulla donna che hanno accanto". Come si gestisce una situazione così? "E’ uno di quei casi di cui parlavamo prima. Soggetti di questo tipo vanno indirizzati verso un aiuto continuativo, pensato proprio per la gestione della rabbia, che nel caso dell’Ausl si chiama ’Con la testa sulle spalle’".