Crac Cesi, Monti: "Un fondo soltanto per il lavoro"

Il presidente di Legacoop regionale parla del futuro dell’edilizia

Giovanni Monti

Giovanni Monti

Imola, 1 agosto 2014 - «Di fondi e ‘fondini’, in passato, ne abbiamo creati tanti. Vogliamo farlo anche stavolta, ma per costruire lavoro». La trasferta romana al ministero dello Sviluppo economico restituisce un Giovanni Monti, presidente regionale di Legacoop pieno di idee, ma con in gola più di un grido d’allarme. Un ossimoro, forse, pensando alla crisi dell’edilizia in regione dove dei 5mila addetti attualmente impiegati nel giro di un paio d’anni al massimo ben 3mila potrebbero trasformarsi in esuberi. E sul versante imolese, la prima emergenza resta quella della Cesi, la coop edile di via Sabbatani in liquidazione coatta amministrativa. Presidente, come si coniuga il progetto del polo delle costruzioni tra Bologna, Modena, Lugo e Imola e la situazione della Cesi? «Credo che il ragionamento che in questo periodo sta facendo il liquidatore della Cesi e quello delle cooperative siano in sintonia: l’obiettivo è quello di realizzare il massimo possibile, anche attraverso vendite e salvaguardare il maggior numero di posti di lavoro». Ma il progetto del polo a quattro è ancora attuale? «L’Iter di Lugo ha un suo percorso che dovrebbe chiudersi in tribunale tra qualche giorno e spero che molti dei suoi lavoratori confluiscano nel C3». Chi c’è nel C3? «Coop costruzioni Bologna e Cdc di Modena». E Cesi? «Dipende dal liquidatore». Si tratta di un consorzio o di una nuova impresa? «Parliamo di una newco». A Imola la Cisl ha chiesto che Legacoop si attivi per creare un fondo con cui restituire ai soci-lavoratori il capitale perso. È tra le sue intenzioni? «In ogni impresa il capitale sociale è l’unico capitale di rischio che c’è. È noto a tutti che in casi come questo sia perso, così come è successo da altre parti. Noi in passato abbiamo tutelato il tema del prestito, ma mi risulta che in Cesi non fosse rimasto nulla perché già ritirato». Cosa proponete allora? «Il tema vero per il settore, come abbiamo chiarito anche al Ministero, è trovare lo spazio per ammortizzatori sociali lunghi che aiutino le persone da un lato ad andare in pensione e dall’altro a trovare nuovo lavoro». Cosa intende? «Alla Regione chiediamo di far ripartire l’edilizia nel breve-medio periodo. Parlo di strade, rotonde, fiumi, coste da mantenere. Se non ripartono questi interventi, dopo il calo del 60 per cento delle opere pubbliche commissionate, la crisi rischia di allargarsi ancora». Quindi parliamo di interventi mirati per l’edilizia? «Non solo. Quando parlo di creare impresa non intendo solo la filiera dell’abitare e del costruire, basta guardare al progetto Fico (Fabbrica italiana contadina)». A Roma ha proposto anche interventi sulla casa. Come si potrebbero attuare? «Ci sono tante giovani coppie intenzionate a comprare casa. La Regione ha un plafond di 8 milioni di euro per contributi a fondo perduto, ma ne servirebbero altri 10 milioni da Roma per sostenere veramente una politica di acquisto». Ha parlato anche del coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti. In che forma? «Acquistando immobili invenduti, da destinare poi a progetti di social housing».