Imola, cadavere nella discarica. "È stato picchiato e gettato nel cassonetto"

Parla il fratello del tunisino trovato senza vita tra i rifiuti: "Era una buona persona"

L’ingresso del sito di via Pediano; il corpo era nell’impianto Tmb

L’ingresso del sito di via Pediano; il corpo era nell’impianto Tmb

Imola, 9 marzo 2018 - Non si dà pace Redjeb Ayari, fratello di Makram, il 43enne tunisino trovato morto martedì in un impianto di stoccaggio rifiuti indifferenziati nel complesso della discarica Tre Monti di Imola. «Quando ho sentito che il suo corpo era in un cassonetto dell’immondizia mi è girata la testa – racconta –. Ancora non sono riuscito a capire quello che è successo veramente».

Al momento l’ipotesi più plausibile avanzata dagli inquirenti è che l’uomo, che aveva problemi di alcolismo, dopo una sbornia si sia infilato all’interno di un contenitore del pattume, magari per proteggersi dal freddo. E che si sia addormentato, senza accorgersi di finire in un camion dotato di macchina compattatrice, e poi nel sito di via Pediano. Redjeb - anni 56, sposato e con due figli - attende ancora di vedere la salma di Makram, identificato dalla moglie. Il 43enne si era sposato sul Santerno con una connazionale dalla quale aveva avuto tre figli, oggi adolescenti.

«Conosco mio fratello – prosegue Redjeb, a Imola dal lontano 1988 – ed è impossibile che si sia infilato in un bidone dell’immondizia. Probabilmente, ha litigato con qualcuno ed è stato picchiato». Questa l’ipotesi del parente, che racconta i problemi e la vita di Makram. «Dopo che alla fine degli anni Ottanta ho deciso di venire in Italia, nel 2000 ho portato anche lui. Era un barbiere, ma qui ha sempre lavorato come operaio, a Imola, a Castel San Pietro, a Borgo Tossignano». Fino al 2013, quando all’improvviso il 43enne si è ritrovato disoccupato e con una famiglia a cui pensare. Ed è qui che sarebbero iniziati anche i problemi in casa.

«Non viveva più con la moglie da ormai quattro anni – va avanti Redjeb –. Ultimamente stava in una casa abbandonata a Castel San Pietro Terme con alcuni marocchini. Poi ha conosciuto diverse persone che bevono e non fanno nulla durante il giorno. E così anche lui si ‘sfogava’ con l’alcol. Io ho cercato di aiutarlo per tanto tempo, l’ho anche ospitato in casa, ma alla fine faceva sempre di testa sua».

Nonostante questo, Redjeb aveva col fratello «un rapporto molto bello – ricorda –. Makram era uno che rideva e scherzava sempre, in fondo era una buona persona. L’ultima volta che l’ho visto era sabato scorso, e mi ha detto che voleva tornare in Tunisia». Pare che volesse ricongiungersi con i genitori e gli altri tre fratelli. «Mio babbo ha 84 anni e mia mamma 77 – spiega Redjeb –. Staranno malissimo ora».

Quando dalla procura arriverà il nullaosta per le esequie del 43enne, il fratello non ha dubbi: «La salma di Makram tornerà a casa».