F1 a Imola: è qui la festa tricolore

Come sedici anni fa, la città è tornata a respirare idrocarburi. E a sognare con le Frecce. Un simbolo di unità e di ripartenza, anche se sono finiti i tempi della F1 ‘accessibile’

Six beers, sei birre, l ‘ordine che arriva al bar Dante alle 10 spiega che sarà una lunga giornata, multietnica e festosa come non si ricordava dal 2006. Fiumana rossa, già dalle prime ore del mattino. Parcheggi pieni. Nottata bagnata sabato (e quanta gente in centro, nei locali e per lo Street food all’Osservanza) sfociata in un’alba serena, anche se poi la pioggia torna a mezzogiorno e resterà avviluppata al Santerno, come un grumo d’olio sull’asfalto. La festa di Imola sedici anni dopo non è tanto diversa da quella di sedici anni prima: famiglie, appassionati, vip veri e finti, crespelle e salame, la Torre riempita, il paddock con lo struscio nonostante i poncho antiacqua, le ritualità istituzionali, lo sfavillio della cena di gala, il San Domenico, la pioggia (chi non ha pensato al mitico Ighina e alla sua macchina celestiale alzi la mano!) la Tosa tornata epicentro del tifo, la Rivazza vestita come nei giorni di Schumacher.

Lo show delle Frecce Tricolori al Gp di Imola
Lo show delle Frecce Tricolori al Gp di Imola

Ma, ecco, mancava Schumacher. O, meglio, gli Schumacher. Perché questa Formula 1 – dove i piloti paiono più vicini grazie ai social, dove ci crediamo tutti più connessi – è invece più distante dalla gente. E’ un campionato quasi impenetrabile, anche nella costruzione di un autodromo ‘a strati’. Tutto oliato perfettamente, ma anche più freddo. I campioni chiusi nei motorhome, assenti dunque in città (ma ve lo ricordate Schumi in bicicletta per viale Dante? E gli assalti agli alberghi da Castello fino a Faenza?). E’ quasi come se ci fossero due ecosistemi: la festa fuori e la vita dentro l’autodromo.

D’altronde il 2006 dell’ultima campagna Ecclestone è roba di ere geologiche dimenticate. Così da sentirci, in molti, un po’ dinosauri. E il mondo d’oggi così collegato digitalmente mostra in realtà – in tutti gli aspetti della società, non solo in quello sportivo s’intende – divisioni e disuguaglianze. Crescenti, come in una staccata.

E forse è proprio questa impenetrabilità a rendere magico un mondo nutrito da gloria e idrocarburi, anche nel giorno in cui la Ferrari stecca sul circuito di casa. E’ questa dimensione ‘così lontanicosì vicini’ ad aver riempito il prato sul Lungofiume, ad aver colorato la città nonostante la pioggia. Ed è anche perché dopo questa pandemia bastarda finalmente la città aveva voglia di rimettersi in moto: la F1, poi Cesare Cremonini, Vasco Rossi, i Pearl Jam e ancora le Ferrari finali mondiali. Non è un caso che uno dei momenti più sentiti sia stato quelle delle Frecce Tricolori. Un doppio sorvolo dove tutti, col naso all’insù, hanno sognato la potenza e la creativa fascinazione aeronautica. Silenzio, sulla torre dell’autodromo, quella che per gli imolesi è ancora la torre Marlboro e che ieri, popolata come nei giorni dell’avanguardia autodromistica, respirava passione. Silenzio, si diceva, e un applauso fragoroso al passaggio delle frecce potenziate dalle scie tricolori, ritrovati arabeschi sul cavallino nei ’torrini’ che per Imola è sempre stato croce e delizia.

Le Frecce, vero segno di collegamento fra gli ecosistemi – il dentro e il fuori, la F1 lontana e la passione sanguigna, la città nella città e la città aperta – e spettacolo e simbolo fortemente voluto dal sindaco Marco Panieri. L’orizzonte è lontano: F1 fino al 2025. Bisogna abituarsi ai sorvoli e a qualche disagio. Ma il gioco vale la candela.