
Sentimenti contrastanti in città, fra dispiacere e speranza in vista del 2027. Per qualcuno da rivedere c’è una "difficile gestione dell’Autodromo". Altri sono convinti che "le nostre capacità organizzative ci riporteranno in alto".
Amarezza, delusione, ma nemmeno troppo stupore. Un po’ di rabbia per le promesse mancate. Sono queste le sensazioni che accomunano molti cittadini imolesi, dopo aver appreso che il circuito Enzo e Dino Ferrari non figura nel calendario ufficiale della Formula Uno 2026. "Non è una sorpresa – dice Graziano Poli – ci eravamo illusi che non fosse così, forse, ma purtroppo non c’è da stupirsi". Per Esterina Trimaqui è comunque un grande dispiacere. "Era un evento che portava tanto a Imola, speravo che nonostante tutto ci fosse un rinnovo. La città piena di gente è sempre un grande piacere" dice con un velo di tristezza. Pietro Bretoni, però, sostiene che il problema sia a monte: "Credo ci sia alla base una difficile gestione dell’Autodromo". Anche Gianni Maragno si trova d’accordo con questa affermazione. "Per Imola la Formula Uno è basilare. È un mercato che permette un’ottima circolazione per le attività locali. Ma forse non la vogliono far funzionare".
Non manca comunque la preoccupazione circa l’impatto concreto dell’evento e di come la sua assenza di un danno per tutti. Marina Gjergji, che lavora nel settore turistico, lo sa bene. "Questa è una perdita per Imola, per il circondario, per tutti. Io lavoro in un albergo a Castel San Pietro, e anche solo lì si sente tanto. È qualcosa che influenza tutta la zona, inevitabilmente sarà un bel deficit". Anche Lorenzo Vittorio Vignini si unisce al coro di dispiaceri e ne approfitta per una riflessione più ampia. "C’è un grande rammarico in giro – dice il cittadino –. Più che altro, non abbiamo altri eventi che portino qui un pubblico così internazionale. Non c’è altro che consenta alle imprese locali di fiorire come fanno nei giorni di Gran Premio. Non avere un’alternativa così è un danno incalcolabile".
Non manca nemmeno la delusione per il mancato recupero dell’edizione 2023, annullata per l’alluvione. "Seppur in maniera non formalmente scritta, è un peccato che non sia stato rispettato l’accordo che prometteva un GP dopo quel salto annuale – sostiene in merito Manuel Pirazzini –. Ciò mi rammarica".
Anche Fabio Malavolta non manca di esprimere un giudizio netto sulla vicenda, ritenendo che Imola ci sia sempre stata per la Formula Uno. "Pensiamo al 2020: il circuito è stato messo a disposizione per offrire un’opportunità a tutti, in un momento difficile. Anche nel 2021, senza pubblico e senza un reale ritorno economico per la città, Imola c’era. Purtroppo, la Federazione preferisce far correre le gare in impianti semivuoti piuttosto che vedere le mani dei tifosi alzate in segno di gioia. La perdita peggiore è dal punto di vista umano".
Qualche altro cittadino, come Francesco Polidori, non manca di alzare il tono. "Trovo vergognoso che si usi come scusa l’impossibilità di avere due GP in un Paese. In America ne fanno tre e l’anno prossimo ce ne saranno due anche in Spagna, a Madrid, con un tracciato mal progettato secondo i test".
Una voce riflessiva, tra delusione e uno spiraglio di speranza, arriva però da Filippo Martini. "Provo certo sconforto, specie per il mancato recupero del 2023, anche se purtroppo non mi meraviglia. Mi ha fatto piacere, però, leggere la dichiarazione congiunta Panieri–De Pascale sul ’non mollare la presa per il futuro’. È un buon auspicio".
Nonostante la delusione diffusa, la speranza resta accesa. Lorenzo Marchetti, infatti, unisce amarezza e fiducia, sottolineando l’importanza del circuito non solo sportiva, ma anche simbolica e strategica: "Imola è un circuito storico, che sa vendere emozioni, la base del successo di questo spettacolo. La decisione di escludere Imola è miope anche dal punto di vista commerciale. Ma, l’amministrazione si è dimostrata all’altezza, con gli sponsor e con eventi come il WEC, rendendo Imola un riferimento per tutto ciò che ruota intorno ai motori. L’entusiasmo dei tifosi e la nostra capacità organizzativa, sono motivi concreti per sperare che questa non sia la fine" conclude speranzoso.