di Gabriele Tassi Putin ha pensato di dividerli "e invece ci ha unito di più". C’è una cosa che accomuna un po’ tutte le storie degli ucraini in fuga dalla guerra: la generosità incontrata nei loro viaggi verso un luogo più sicuro. Ed è quanto racconta anche Anastasiia Spidchenko, arrivata da poco a Castel San Pietro dopo un lungo viaggio in macchina assieme alla sua bimba. "Altre 12 persone arriveranno nelle prossime ore – fa sapere il Comune, che si occupa dell’accoglienza e dei documenti –, mentre un’altra ventina è attesa in questi giorni". In zona si è stabilita da poco anche Alexandra Dmytruk, 37 anni, già impegnata al Centergross a smistare gli aiuti da spedire in Ucraina. Legge le etichette dei farmaci e li divide per tipologia: nella sua città, Ivano-Frankivs’k, è un medico di base con specializzazione in geriatria. Suo figlio invece, sette anni, da martedì grazie al comune di Castello potrà già andare a scuola. Anastasiia invece di anni ne ha trenta, e una figlia di sette, scappata assieme a lei. E’ la mattina del 24 marzo quando il frastuono dei primi bombardamenti le sveglia di soprassalto nella loro casa di Kiev. I vetri tremano e i boati sono lontani: "Dalla scuola di mia figlia – racconta –, è arrivato subito il messaggio che quel giorno non ci sarebbe stata lezione. Poco dopo anche i miei colleghi mi hanno detto che non sarei dovuta andare a lavorare (Anastasiia fa la web designer)". Gli aerei militari cominciano a volare più basso e colpiscono poco dopo l’aeroporto di Boryspil’: mamma e bimba preparano le valigie di fretta e scappano per la paura a casa di alcuni amici. Su Kiev regna un’atmosfera surreale: "Siamo stati come colti di sorpresa – prosegue – , le persone scappavano ovunque. Qualcuno ci ha chiesto ...
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