Il ‘carbone’, nemico del granturco

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È una delle più vistose malattie del mais o granoturco classificata scientificamente come Ustilago maydis, la quale, adottando opportuni accorgimenti agronomici, non raggiunge in genere danni irreversibili. La sintomatologia della infezione compare su tutti gli organi aerei con tumori di dimensioni variabili rivestiti da una pellicola bianco-viola e spugnosa ricadente all’interno e costituiti, dapprima da tessuto parenchimatico, che in seguito si trasforma in materiale oleoso, nerastro di aspetto polverulento formato da un numero elevatissimo di spore del microrganismo (chiamate specificamente clamidospore).

L’infezione compare su tutte le parti della pianta, specialmente sulle infiorescenze maschili e femminili, indi sulle foglie in corrispondenza della nervatura mediana della guaina e delle gemme avventizie che si sviluppano in corrispondenza dei nodi dello stocco. Le spore o meglio le clamidospore contenute in ogni tumore sono numerosissime e dotate di una lunga vitalità; esse in presenza di determinate condizioni di umidità e temperatura germinano dando luogo alle nuove infezioni. I danni economici possono essere rilevanti quando vengono colpite le pannocchie, poiché in tal modo viene ostacolata la formazione della granella.

Il criterio di prevenzione della malattia più consigliabile consiste nelle selezione e nell’impiego di varietà resistenti; inoltre si consiglia di raccogliere precocemente, ossia in luglio le parti colpite distruggendole mediante bruciatura o con interramento profondo. Inoltre, è bene non gettare nelle concimaie le parti vegetali infette e i loro residui poiché le spore passano inalterate attraverso il tubo digerente dei ruminanti diffondendo in tal modo l’infezione. È inoltre opportuno adottare larghe rotazioni per intervallare la coltura sullo stesso appezzamento di un certo numero di anni. Infine è ben arare profondamente gli appezzamenti colpiti per facilitare l’interramento delle parti infette.

Luigi Marchetti, fitopatologo