Il Coronavirus non sparisce con i decreti

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Andrea

Rossi*

Il rialzo dei contagi di questi giorni, sostenuto dalla diffusione della nuova subvariante Omicron 2, dimostra in modo incontrovertibile tre cose:

La prima è che il Covid non cesserà il 31 marzo per Dpcm (semmai questa fosse stata la soluzione, allora bisognava adottarla subito, risparmiando solo nel nostro territorio 38.000 contagi, 2.000 ricoveri e oltre 400 morti).

La seconda è che i vaccini antiCovid proteggono molto bene dal rischio di malattia grave (morte, ospedalizzazione) ma non arrestano il diffondersi dell’infezione, soprattutto perché l’immunità legata ai vaccini, così come quella dovuta all’infezione naturale, dura molto poco (pochi mesi);

Infine, il Sars-CoV-2 non scomparirà a breve, a causa della disomogenea copertura vaccinale planetaria e della conseguente e sempre possibile comparsa di nuove varianti; la probabilità che il virus si fermi a metà strada dell’alfabeto greco sono oggettivamente molto basse.

Non tragga in inganno nemmeno la ormai completa sostituzione lessicale del termine pandemia con l’assonante locuzione di endemia, ad indicare uno stato di presenza costante del virus nella popolazione generale.

Molto sommessamente mi permetto di far notare che tre infezioni endemiche come l’HIV, la TBC e la malaria causano milioni di morti ogni anno su questo pianeta.

Le malattie endemiche richiedono programmi di controllo non meno robusti e il cambiamento dei termini non deve modificare l’impegno per prevenire ciò che è prevenibile e per curare ciò che non riusciamo a prevenire.

Ciò premesso, in ragione dell’allentamento delle misure generali di protezione, occorre continuare far leva sul senso di responsabilità dei cittadini per mantenere un livello di attenzione adeguato.

Il mio appello è duplice: quello a vaccinarsi è rivolto soprattutto agli over 50 non vaccinati o ancora privi della terza dose; quello a mantenere l’uso delle mascherine nei locali al chiuso è rivolto invece a tutti.

*Direttore generale Ausl