FILIPPO DONATI
Cronaca

Il giallo della discarica. Tra i proprietari spunta un naturalista faentino

Nel ’70 la parrocchia di Sant’Agata sul Santerno vendette il pascolo ai fratelli Gallegati. Un anno dopo arrivarono i rifiuti. I Forestali vagliano altri due siti sospetti.

Una fotografia delle concitate giornate di inizio 1971, quando i camion della municipalizzata fiorentina sversarono i rifiuti

Una fotografia delle concitate giornate di inizio 1971, quando i camion della municipalizzata fiorentina sversarono i rifiuti

di Filippo DonatiPALAZZUOLO SUL SENIO(Firenze)La colata di rifiuti, riemersa dal sottosuolo e franata nel rio Rovigo, ha una sua genesi a Firenze e un finale nelle acque che si immettono nel Santerno: nel mezzo ci sono Palazzuolo e una natura da cartolina della Romagna-toscana. Siamo nel 1970 e il sindaco di Firenze, il democristiano Luciano Bausi, è disperato: l’emergenza rifiuti è in procinto di sfuggire al suo controllo, l’inceneritore che dovrebbe risolvere la situazione sarà pronto solo fra qualche anno e le discariche sembrano arrivate a saturazione. Ecco allora che a Palazzo Vecchio qualcuno ha un’idea: portare i rifiuti della città nel luogo più remoto della provincia, il passo della Sambuca, a quota mille metri. I tre comuni della Romagna Toscana – Firenzuola, Palazzuolo sul Senio e Marradi – sono una remota ‘isola bianca’ stretta fra le due aree più rosse d’Italia, e cioè il mediobasso Mugello e le vallate romagnole del Senio e del Santerno, territori dove i sindaci comunisti avrebbero negato favori a Bausi. E nella giunta democristiana di Palazzuolo, guidata dal sindaco Francesco Costa, i fiorentini trovano gli interlocutori che cercavano.

Quando gli sversamenti cominciano, ad inizio ‘71, viene scelto un sito a ridosso della strada: per il Catasto fa parte di un pascolo di sei ettari appartenenti a privati. In realtà neoproprietari perché in quell’anno si perfeziona un passaggio di proprietà: fino al 1970 l’area è classificata come prebenda arcipretale per la parrocchia di Sant’Agata sul Santerno – dunque nell’orbita della diocesi di Faenza – poi subentrano due nuovi proprietari, due fratelli, oggi defunti: i Gallegati. Uno di questi è fra le figure più insospettabili, e cioè il naturalista Cesare Gallegati, uno dei pionieri dell’ambientalismo in Romagna nonché progettista del parco Bucci, un polmone verde di otto ettari nel cuore di Faenza, oasi di specie autoctone. I suoi eredi respingono l’ipotesi che fosse a conoscenza del disastro ambientale che si stava consumando su una sua proprietà: "Consacrò la sua vita alla natura – spiega la figlia Maria – escludo categoricamente che fosse implicato nella questione. Nostro padre era esclusivamente un vivaista e un naturalista, sappiamo che in un certo momento desiderò non essere più coinvolto nelle compravendite di terreni di cui si occupava il fratello Carlo". Ma anche gli eredi di quest’ultimo – Antonio e Cesare Gallegati – riferiscono di non conoscere nulla della vicenda: "Eravamo bambini, sapevamo solo che nostro padre, a un certo punto, possedette dei terreni in montagna, ma nulla più".

A Faenza, in vescovado, per il momento sostengono di non conoscere i contorni della vicenda, ma che verrà approfondita negli uffici. Quelle proprietà col passare degli anni vedono nuovi titolari, fra cui cinque eredi, nati nel Regno Unito, di un imprenditore laziale. I carabinieri forestali in queste ore stanno cercando gli altri due siti al di sotto del passo in cui vennero scaricati rifiuti, secondo lo stesso copione. Una cosa, però, in questa vicenda confusa e piena di vuoti da colmare, è certa: i sindaci Dc ci avevano visto giusto, il territorio ’rosso’ non li avrebbe aiutati tanto che a sollevare il caso in Parlamento fu proprio l’ex sindaco di Imola Pci poi deputato, Veraldo Vespignani.