"Il Santerno regge l’urto di questa torrida estate"

Giacomo Buganè di Geolab: "Acqua presente fino a Borgo Tossignano. Ma dopo la situazione peggiora". L’Asp: "In aumento i salvataggi di pesci"

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Una lunga estate di siccità intervallata da sporadici ma violenti fenomeni temporaleschi. Così il clima dell’area imolese somiglia sempre più a quello dei tropici. Un quadro che condiziona anche il corso d’acqua più importante: il Santerno. "Come tutti i fiumi non alimentati dallo scioglimento delle nevi e dai ghiacciai anche il Santerno è in sofferenza – spiega Giacomo Buganè, presidente dell’organizzazione non lucrativa di utilità sociale Geolab. Un riferimento sul territorio in ambito di ricerca e divulgazione ambientale –. Il vantaggio, però, è la presenza di quelle rocce magazzino, in particolar modo sul versante toscano, molto ricettive: trattengono l’acqua piovana e la riversano nel tempo". Ma il periodo di siccità non è più limitato a qualche settimana: "L’acqua nel Santerno non è mai mancata soprattutto dalla sorgente a Borgo Tossignano – continua –. Più o meno fino alla chiusa del paese. Discorso ben diverso da lì verso Imola". Un radicale cambio di scenario: "La costruzione di 5 centraline elettriche e l’attraversamento di una zona antropizzata con colture esigenti impediscono al fiume di essere tale – osserva Buganè –. Non c’è scambio biologico da valle a monte. Nel conto mettiamoci anche l’alto numero di prelievi, non tutti regolarmente autorizzati". Insomma, un Santerno spaccato in due che a monte regge bene l’urto dell’estate 2022. "Fino a Borgo Tossignano le cose sono sotto controllo – puntualizza –. Anche con poca acqua gli ecosistemi non sono mai andati più di tanto in sofferenza. Le piogge di questi giorni sono l’ideale per ricaricare le rocce magazzino". Discorso diverso in città: "Sintomatica, per lunghi tratti dell’estate, la condizione alla Tosa con l’acqua presente solo nel sottosuolo – conclude – Le opere dell’uomo hanno alterato radicalmente l’andamento del nostro fiume".

Ne sa qualcosa Andrea Bordini, al timone dell’Asp Valsanterno. "Il Santerno soffre ma nella dorsale romagnola è quello messo meglio – sentenzia –. C’è sempre stato un minimo di flusso vitale. La portata non si è mai azzerata". Ma cresce il numero degli interventi dei volontari dell’associazione per scongiurare una significativa moria di pesci: "Dai 2-3 del passato siamo arrivati ai 6-7 già effettuati. Ne abbiamo almeno un altro paio in programma – ammette –. Oltre 120 chili di pesci salvati da morte certa. Una criticità che, numeri alla mano e prendendo in considerazione anche i torrenti e canali della zona, riguarda almeno 3-4 quintali di pesci". Basta fare la sottrazione per capire il quantitativo di esemplari passati a miglior vita. Tra questi cavedani, barbi, lasche e carpe. "Siamo una decina di volontari, di cui 2 in possesso delle patenti per la tecnica dell’elettro-pesca e 2 guardie certificate, e di più non riusciamo a fare – confida –. Nelle condizioni attuali bisognerebbe intervenire nel Santerno anche tutti i giorni".

Mattia Grandi