La morte in faccia "Una frana sulla casa Così ho salvato moglie, figli e nipoti"

Il racconto dell’imprenditore Alessandro Franceschelli: "Sono stato svegliato dagli scricchiolii, ho messo in salvo la famiglia e poi sono tornato con un escavatore per dirottare lo smottamento".

La morte in faccia  "Una frana sulla casa  Così ho salvato  moglie, figli e nipoti"

La morte in faccia "Una frana sulla casa Così ho salvato moglie, figli e nipoti"

Ha visto la morte in faccia Alessandro Franceschelli dentro la sua casa di Castel del Rio. E le istantanee della corsa contro il tempo per mettere in salvo la famiglia dalla forza distruttrice di una frana girano ancora nella testa.

"Nell’abitazione, oltre a me, c’erano i miei tre figli, mia moglie Glenda e due nipoti che avevano trascorso la notte da noi – riavvolge il nastro della memoria l’uomo –. Poco dopo le 6 del mattino, nel silenzio della camera da letto, ho sentito uno strano rumore provenire dall’esterno. Era quello degli alberi schiacciati, uno sull’altro, dalla massa di terra enorme".

Come una palla da bowling contro i birilli: "Siamo scappati alla svelta, i bimbi erano ancora scalzi. Ho fatto salire tutti sull’auto per metterli in sicurezza qualche centinaio di metri più in là – continua Franceschelli –. Io sono tornato indietro per salvare la casa con la frana già appoggiata ai muri di sasso. Il colpo di fortuna? Avere nel giardino l’escavatore della mia impresa edile. Di solito non lo lascio mai lì".

Fatalità e fortune che cambiano il corso degli eventi: "Insieme ad uno dei miei operai accorso sul posto abbiamo fatto un buco sotto un ponte per deviare lo smottamento e allentare la pressione sull’abitazione – aggiunge –. La soluzione ha funzionato. Noi abitanti conosciamo palmo a palmo queste zone. Fateci collaborare con Esercito, vigili del fuoco e Protezione civile".

Intanto il bilancio dei danni è disastroso. "A parte la casa siamo circondati da frane, sembra il finimondo – sottolinea –. L’economia della vallata del Santerno si basa soprattutto su agricoltura, castanicoltura e turismo. Ora non c’è più niente".

Già, lo sa bene Franceschelli perché la sua famiglia, da decenni, è impegnata anche nella lavorazione dei marroni: "Un’azienda agricola da 40 ettari di terreno, specializzata in castagni e legna, ridotta a meno della metà. Mio padre non apre bocca da giorni. Ha visto i sacrifici di una vita spazzati via in pochi secondi – analizza –. Stessa cosa per tutti quei sentieri sempre affollati di escursionisti e mountain bike. La viabilità della zona è compromessa. Servirà un piano strutturale per la montagna".

Con un appello. "Meno burocrazia e più operatività. Vogliamo lavorare al fianco dei soccorritori – ragiona l’uomo -. Basta carte bollate. Ormai anche il contadino è diventato commercialista e non c’è più nessuno che fa manutenzione. E questi sono i risultati". Un quadro desolante. "Ho amici che hanno perso tutto: casa e lavoro – conclude Franceschelli -. Non riconosco più il mio paese e abbiamo paura".

Mattia Grandi