La pasta riscoperta Grazie all’Accademia rivivono gli stianconi

Di origini medievali, è un primo a base di sole farina e uova. La ricetta sarà depositata alla Camera di Commercio di Bologna.

La pasta riscoperta  Grazie all’Accademia  rivivono gli stianconi

La pasta riscoperta Grazie all’Accademia rivivono gli stianconi

Dal Medioevo ai giorni nostri. Trapassando secoli ed epoche, torna sulle tavole del territorio grazie al lavoro di studio e ricerca dello chef Claudio Galavotti e della Delegazione dell’Accademia Italiana della Cucina sezione di Castel San Pietro-Medicina che depositerà la ricetta nelle prossime settimane alla Camera di Commercio di Bologna, una pasta che ha origini antichissime.

Gli stianconi, in dialetto stianchèr, che significa rompere, sono stati presentati durante l’ultima conviviale della sezione castellana dell’Accademia svoltasi all’Ippocampus di Castel San Pietro. A prepararli, al lavoro a fianco dello chef Claudio Cavallotti, il cuoco del ristorante di via Mori, Adriano Rizzelli. Gli stianconi, hanno ricostruito la storia del piatto nel corso della serata Cavallotti e Rizzelli, "sono un primo a base di pasta all’uovo tipico dell’appennino Bolognese, della zona collinare e pedecollinare situata ad ovest della città". Da Loiano, dunque, fino a Monterenzio e alle colline sopra Castel San Pietro, si preparavano sin dal Medioevo questi ‘stracci’ di pasta "considerati una minestra da poveri perché preparata con solo due ingredienti, la farina e le uova, comuni anche nelle cucine degli umili montanari".

Il curioso nome deriva proprio da come gli stianconi venivano preparati. Le zdaure, infatti, dopo aver preparato la pasta all’uovo e averla stesa col mattarello, "quando la sfoglia era omogenea ma non troppo sottile, la arrotolavano attorno al mattarello e si avvicinavano al paiolo sul fuoco scoppiettante dentro il camino, e tenendo il mattarello sospeso sul paiolo, rompevano la sfoglia ricavando tanti pezzi irregolari simili a stracci". Il condimento, poi, è variato nei secoli, e proprio nelle due versioni del Medioevo e dell’Ottocento sono state proposte all’Ippocampus nel corso dell’ultima conviviale. "Nel Medioevo – hanno spiegato gli chef Cavallotti e Rizzelli –, venivano conditi con agliata e patate, ingredienti diffusi e alla portata dei più poveri. Nell’Ottocento, poi, con l’arrivo del pomodoro, ecco la variante ricca, oltre che dell’‘oro rosso’, di pancetta, a comporre una sorta di friggione".

Nelle prossime settimane sarà il delegato della sezione castellana dell’Accademia Andrea Stanzani a depositare queste due ricette alla Camera di Commercio di Bologna, dove gli stianconi andranno a far compagnia a mostri sacri della tradizione emiliano romagnola come tortellini, lasagne e ragù.

Claudio Bolognesi