La professionista Patuelli in campo "Per la bicicletta c’è poco rispetto"

Alessia: "Occorre fare un salto in avanti dal punto di vista educativo e della sensibilizzazione. Bene i cartelli che avvisano della presenza delle due ruote, ma certi reati vanno sanzionati più severamente"

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di Mattia Grandi

La città che per due volte ha elevato il ciclismo ai ranghi mondiali non poteva restare indifferente al cospetto della tragedia che ha spezzato la vita di Davide Rebellin. Passano i giorni ma è difficile metabolizzare l’ennesimo pegno di sangue pagato dai ciclisti sulle strade. Campione, professionista, dilettante o amatore poco importa. La sicurezza di chi percorre le arterie viabili con i mezzi a due ruote a pedali si scontra con il cinismo dei numeri relativi agli incidenti, tanti mortali, registrati fino ad oggi.

Un tema che Imola ha da tempo sotto la lente di ingrandimento tra il lavoro dell’amministrazione comunale e l’attenzione del gruppo consiliare ‘Imola Corre’. Dalla realizzazione di piste ciclabili alla promozione della mobilità sostenibile nelle scuole. Senza dimenticare la miglioria di diversi manti stradali ed il posizionamento di una decina di cartelli con la scritta ‘Attenzione – strada frequentata da ciclisti’ all’ingresso dell’abitato e nell’area industriale. Era la primavera del 2021 ed il municipio di piazza Matteotti aderiva alla campagna sulla sicurezza presentata dall’associazione ‘Io Rispetto il Ciclista’. L’obiettivo? Sensibilizzare gli automobilisti ad una guida sicura ed effettuare i sorpassi ad un minimo di un metro e mezzo di distanza dalle biciclette. La volontà di tarare al meglio tutti i livelli di convivenza tra utenti differenti della strada.

Sull’argomento è entrata anche l’imolese Alessia Patuelli, ciclista professionista nella categoria Donne Elite: "Avevo già in mente, dopo un confronto con il consigliere comunale Antonio Ussia, di alimentare una campagna di sensibilizzazione tematica – svela la giovane –. Il dramma di Rebellin, però, accelera necessariamente le tempistiche". Con una riflessione: "Ci troviamo davanti a un problema a cui non si vuole trovare una soluzione – continua la Patuelli –. Viviamo in un Paese dove ignoranza, egoismo e menefreghismo la fanno da padrone. Ognuno pensa per sé, senza badare troppo a ciò che gli gira intorno. Bisogna fare un salto concettuale in avanti dal punto di vista educativo".

La casistica le sta a cuore. "Mio padre Andrea (ex ciclista professionista, ndr) fu investito da un’auto qualche tempo fa a causa di una precedenza non data – riavvolge il nastro della memoria –. I dottori rimarcarono la sua fortuna nell’aver scongiurato guai peggiori. Poi, in una successiva uscita in bici insieme, ci sono finita di mezzo anche io. E i postumi li ho portati dietro per mesi e mesi".

Ma la situazione sulle rive del Santerno non è male: "I cartelli con l’indicazione di sorpasso prudente ai ciclisti sono un primo significativo passo verso l’idea di una rinnovata cultura della sicurezza – ammette la Patuelli –. Occorre, però, un intervento forte dalle alte sfere governative. Una dura presa di posizione e pene severe per questo tipo di reati. Mi preoccupa la facilità con cui molti guidatori insultano o fanno dispetti a persone che nemmeno conoscono. Gente che cerca soltanto di fare il proprio lavoro o alimentare una sana passione".