Imola, 20 ottobre 2022 - Perdersi in un cerchio concentrico di pasta tra fragranze al burro e profumi al rosmarino. La colazione all’imolese – rigorosamente a base di Rìcciola – pare un viaggio tra i sapori antichi della tradizione. Un ’valore’ vero quello delle ricette dei nonni, da custodire in cassaforte quando si parla di prodotti così locali. E la ’brioche’ salata made in Imola – concedeteci la licenza poetica –, torna protagonista nell’evento in programma al bar Otello, domani alle 18,30 organizzato da Francesca Andalò. Ospiti speciali? Ermes Ricci e Valentino Marcattilii.
Ma cosa lega i tre? Lei sulla Rìcciola ci ha scritto una tesi di laurea e pure un libro, ’La Ricciola’, un "progetto editoriale" che verrà presentato proprio domani sera, in una sorta di antipasto al Baccanale. Ermes invece, per gli amici ’Pasticcio’, è figlio di Angelo, colui che la tradizionale ’pasta’ la portò in città negli anni ’50, trasmettendola allo chef stellato del San Domenico. Un cerchio infinito che si chiude, proprio come quelle volute di pasta sfoglia.
E del debutto sul Santerno della ’Ricciola’ parte del merito ce l’hanno la città di Forlì la sua piazza Saffi. E’ da lì, dall’antica pasticceria Flamigni, che Angelo Ricci esporta la ricetta sotto all’Orologio: siamo agli inizi degli anni ’50. Nella storia della Ricciola ci sono la vendita di quella che diventerà la celebre pasta imolese lungo la Riviera e lo storico bar Giardini. E’ a Rimini che i Ricci affittano un piccolo spazio all’interno di un fornaio per intensificare la produzione: "Rifornivamo i venditori ’da spiaggia’ – spiega Ermes –, e io, nemmeno dieci anni, avevo il compito si spaccare le uova".
Angelo rileva poco dopo il bar Giardini, all’ombra di San Domenico, ed Ermes gli fa da apprendista pasticciere. E’ in quei locali che si realizza l’incontro con lo chef Marcattilii: "Di ricciole me ne mangiavo almeno un paio al giorno a quei tempi – commenta Valentino –, e me ne sono innamorato, talmente tanto, che l’ho inserita tra i ’pani’ del San Domenico. Tanti i clienti che vengono da lontano e mi chiedono di poterne portare qualcuna a casa".
La carriera in pasticceria di Ermes si ferma a 43 anni, quando decide di fare il fotografo. Ma il concetto di quella pasta friabile, profumata, resta una filosofia imprescindibile: "Non si può scendere a patti sulla qualità della materia prima", parola dei due esperti e della laureata. "Nel tempo – spiegano –, i processi industriali e il passaparola hanno un po’ ’inquinato’ la ricetta, ma l’originale resta un patrimonio insostituibile da salvare".
Perché alla base ci sono poche semplici cose: farina, burro "quello buono", farina, lievito di birra, poi a chiudere sale grosso e rosmarino "rigorosamente fresco". Poi i pezzi vanno accuditi come piccole opere d’arte, dal banco fino ai calori del forno, per conservare intatto il gusto inconfondibile della tradizione.