Lo choc di Capirossi: "È stato il mio modello"

L’amico e compagno di squadra: "Sono devastato, mi stringo alla famiglia". Nel ’90 Gresini favorì Loris nella gara di Phillip Island decisiva per il titolo

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Mattia

Grandi

Pensi a Fausto Gresini e Loris Capirossi e vedi un motociclismo romantico che non esiste più. Roba da anni Novanta, un tempo mitologico per i puristi della specialità. C’è tutta l’essenza delle due ruote motorizzate nell’amicizia tra i due più grandi interpreti del vivaio motoristico imolese, la terra ’de Mutòr’. Rigorosamente maiuscolo perché a quelle latitudini non si scherza con i miti e le passioni.

"Sono devastato, nessuno si sarebbe mai immaginato questa situazione. Fausto ci mancherà moltissimo – commenta commosso ’Capirex’, compagno di squadra prima, assistito poi, amico sempre –. E’ stata una persona importante per tutta la mia carriera. Un modello da imitare fin da quando ero bambino".

Proprio così. Il giovane Loris che culla i sogni da campione non ha mai fatto segreto del periodo in cui si appostava dalle parti del circuito di Imola per carpire i segreti del divin Faustino. Poi lo spartiacque del 1990. L’esordio del ragazzo di Borgo Rivola tra i big della classe 125 in sella alla Honda del team Pileri nello stesso box del già due volte iridato Gresini. Una specie di incantesimo ad occhi aperti. Il veterano, alle prese con un brutto infortunio in seguito ad una rovinosa caduta, decide che in quel mondiale avrebbe recitato comunque un ruolo da protagonista.

Phillip Island, Australia, 16 settembre 1990. Tre piloti in ballo per il titolo: il tedesco Stefan Prein, Capirossi e l’olandese Hans Spaan, tutti motorizzati Honda. Al via Gramigni manda al tappeto Prein con Gresini impegnato a marcare stretto Spaan. Rallentamenti a più riprese, soprattutto nei tratti misti del tracciato, per favorire il recupero del troppo arretrato compagno di scuderia. Morale: primo Capirex, quinto Fausto. Spaan taglia il traguardo in quarta posizione e picchia i pugni sul casco di quel rivale reo, a suo avviso, di averlo ostacolato intenzionalmente.

Nasce così la leggenda di quello che sarà poi il celebre numero 65, il più giovane campione del mondo della storia del motomondiale.

"Siamo sempre rimasti in contatto e tutto questo non mi sembra ancora vero – continua –. Voglio ricordarmi per tutta la vita il grande sorriso che Fausto aveva stampato sul viso. Aiutava tutti. Mi sembra di vivere un incubo e spero di svegliarmi domani mattina con uno scenario completamente diverso".

Servirebbe la macchina del tempo o una specie di miracolo. Nel 1991, invece, i due si affrontarono senza strategie di squadra, ma fu ancora Capirossi ad avere la meglio regolando Gresini di diciannove lunghezze in graduatoria. In pista non si incroceranno più: il riolese in clamorosa ascesa nelle categorie superiori, l’imolese a concludere la carriera nelle stesse bagarre.

Appeso il casco al chiodo, però, Gresini alimenta l’amicizia da conterranei ed il loro innato feeling. Prima una sorta di antesignano mental coach per il collega più giovane, ma con il chiaro intento di sfruttare l’esperienza per un rapido apprendistato prima dell’avventura da gestore di squadre, poi suo team principal nella 250 datata 1999 con i colori della scuderia Elf Axo Honda Gresini.

Quell’anno il titolo iridato finisce nella bacheca di un incontenibile Valentino Rossi e Capirossi sale sul gradino più basso del podio grazie a tre vittorie (Malesia, Paesi Bassi e Imola), due secondi posti (Gran Bretagna e Germania), quattro terzi posti (Giappone, Spagna, Comunità Valenciana e Brasile) e due pole position (Gran Bretagna e Sudafrica). "Il mio pensiero va alla famiglia, alla moglie Nadia, ai figli – conclude il compagno di tante battaglie –. E’ una situazione bruttissima".