Ludopatia, una piaga in crescita: casi quasi triplicati in due anni

La patologia è in aumento in città: colpiti soprattutto uomini

Da sinistra: Stefano Gardenghi (Ausl), il direttore della Caritas Luca Gabbi e l’assessore Elisabetta Marchetti

Da sinistra: Stefano Gardenghi (Ausl), il direttore della Caritas Luca Gabbi e l’assessore Elisabetta Marchetti

Imola (Bologna), 14 marzo 2015 - ‘Il gioco che non diverte’. La ludopatia, o gioco d’azzardo patologico, è un fenomeno in forte espansione nell’Imolese. Sono sempre più coloro che, anche a causa della crisi, inseguono una vincita facile e a portata di mano, nella speranza di dare una svolta alla propria vita. Invece, troppo spesso, si finisce in un vortice di ulteriori difficoltà economiche e personali da cui, con fatica, si esce indenni. Qualche numero.

Nel 2014, l’Unità operativa Dipendenze patologiche dell’Ausl imolese ha seguito 80 giocatori. Nel 2012 erano 30 ed è stato con il 2013 che si è registrata una grave impennata, contando 70 persone. E il trend è in aumento. Tra gli 80 giocatori seguiti lo scorso anno c’è una prevalenza di uomini (67), mentre le donne sono 18. La fascia d’età più colpita va dai 30 ai 44 anni, ma l’Ausl registra anche un paio di minori orientati a giocare on line. Ma perché si gioca d’azzardo? «Si inizia vincendo, monta l’illusione di risolvere i problemi, poi però si perde e, per recuperare i soldi, si gioca di nuovo» spiega Stefano Gardenghi, direttore dell’Unità Dipendenze patologiche. Sotto l’Orologio si distinguono varie tipologie di giocatori.

«Dal nostro Osservatorio, per la maggior parte dei casi che seguiamo (45) si tratta di una dipendenza secondaria che può derivare da una depressione grave in atto o dall’abuso di alcol e droghe, in particolare cocaina – continua –. Ci sono 25 sono giocatori nevrotici con disturbi d’ansia, mentre dieci persone hanno iniziato dopo aver visto alcuni amici».

Ma c'è un altro dato, meno quantificabile. «Sono sempre più numerosi i familiari di giocatori d’azzardo che si presentano alla Caritas per chiedere aiuto – commenta il direttore Luca Gabbi –. Quindi abbiamo pensato fosse giunto il momento di investire su questo tema». L’obiettivo, dunque, è la realizzazione di una ricerca locale attraverso una campagna con lo scopo di individuare il fenomeno sommerso «che penso sia altissimo» aggiunge Gardenghi. «Da lunedì verrà recapitato alle 27mila famiglie imolesi, assieme al numero di ‘Genius’, un questionario sulle pratiche di gioco – fa sapere Giobbe Bosi, responsabile del progetto ‘Il gioco che non diverte’ –. Una volta compilato sarà possibile restituirlo in apposite urne dislocate in dieci punti strategici della città. Dopo circa un mese raccoglieremo le schede per analizzarle e capire che tipo di intervento realizzare in collaborazione con il Sert». «A Imola abbiamo 15 attività tra sale video lottery, per scommesse e bar con almeno una sala dedicata al gioco – snocciola qualche dato anche l’assessore al commercio Elisabetta Marchetti –. Senza contare le attività commerciali dove ci sono una o due slot machine (videopoker, ndr)». Ma tra le pratiche di gioco rientrano anche lotto, super-enalotto, lotterie, win for life, gratta e vinci, totocalcio, giochi on line, al casinò e giochi di carte con denaro in palio.