"Organici all’osso e giovani in fuga" Il direttore Ferrari lancia l’allarme

Stamattina il responsabile del Pronto soccorso imolese aprirà il convegno all’Autodromo "Condizioni di lavoro massacranti, in regione mancano almeno 340 unità di personale"

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di Enrico Agnessi

"La situazione sta precipitando, i provvedimenti di medio e lungo termine non bastano, se non si pensa prima a coprire i turni di servizio. La casa sta andando a fuoco e bisogna spegnere subito l’incendio, poi si potrà fare un contratto con una ditta di estintori". Il campanello d’allarme lo fa scattare Rodolfo Ferrari, direttore di Pronto soccorso dell’Ausl di Imola nonché presidente regionale della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, che organizza questa mattina in Autodromo il congresso ‘Medicina d’emergenza-urgenza: dalla crisi alla rinascita’.

"Non sarà un elenco dei problemi – avverte – perché non abbiamo intenzione di piangerci addosso. Proporremo soluzioni e vogliamo risposte alle richieste di maggiori tutele e riconoscimenti".

Dottor Ferrari, quali sono le difficoltà maggiori per chi lavora oggi in un pronto soccorso?

"Il lavoro è ormai entrato in un circolo vizioso. C’è una carenza degli organici che, a causa dei carichi di lavoro insopportabili, mette in estrema difficoltà il personale e si ripercuote su quanto viene fatto dai pochi che restano. Sia medici che infermieri".

Quando parla di carenze di organico, a che numeri fa riferimento?

"Secondo un censimento Simeu, rispetto ai posti previsti siamo in media a un meno 40% in Emilia-Romagna, che pure è una regione virtuosa. In termini assoluti, vuol dire 340 unità in meno. E il trend è in peggioramento, visto che lo scorso anno eravamo a meno 30%. Un impatto terrificante per gruppo di persone che tutti i giorni è in servizio: medici continuamente in turno, che saltano i riposi e arrivano al lavoro stanchi e demotivati. A livello nazionale poi mancano 5mila medici. Serve una svolta coraggiosa, altrimenti il sistema sanitario che abbiamo sempre voluto non sarà più sostenibile".

Tanti pazienti arrivano da voi anche se non dovrebbero rivolgersi al pronto soccorso...

"Non trovano risposte sul territorio, mentre qui vedono una luce accesa 24 ore al giorno e 7 giorni su 7. Arrivano da noi persone tremendamente frustate. E parte delle aggressioni agli operatori di cui si è tanto discusso sono dovute a questo. Su di noi ricadono i limiti degli ospedali: c’è il fenomeno drammatico di quanti dovrebbero essere ricoverati, ma sostano ore se non giorni al pronto soccorso in attesa di un posto letto che prima o poi arriverà".

E i giovani scappano…

"C’è una grande disaffezione. E la situazione peggiora perché per coprire i turni si ricorre a figure non adeguatamente formate. L’obiettivo deve essere invece quello riempire i pronto soccorso di specialisti motivati. È questo che chiediamo ora a gran voce a ministero, Regione e Università: fare fronte comune con interventi immediati".

Quali?

"Concentrare in pronto soccorso le figure migliori possibili: fermare chi sta andando via e attrarre energie nuove, senza ricorrere alle cooperative private come invece accade ultimamente".

Non ha ancora pronunciato la parola Covid...

"Abbiamo dato una risposta straordinaria durante la pandemia: abbiamo lavorato molto, a testa bassa, ma ci siamo imposti poco nei tavoli decisionali".

Ora ci sono i fondi del Pnrr. Secondo alcuni, come il dg dell’Ausl, Andrea Rossi, si rischia di guardare molto agli investimenti e poco alla parte corrente. Che ne pensa?

"È esattamente così. Il Pnrr è un’occasione che non ricapiterà più, ma parla quasi solo di territorio e non di ospedale, di risorse strumentali e non umane. Invece c’è bisogno di investire sulle persone, altrimenti non usciremo più da questo circolo vizioso".