FILIPPO DONATI
Cronaca

Parola all’esperto: "Siti fra i più studiati. Ma non smettiamo di fare scoperte"

Massimo Ercolani, presidente della Federazione speleologica regionale: "Le grotte sono come archivi climatici del territorio, ricchi di dati. Grazie alla ricerca abbiamo retrodatato la nascita a 500mila anni fa".

Parola all’esperto: "Siti fra i più studiati. Ma non smettiamo di fare scoperte"
Parola all’esperto: "Siti fra i più studiati. Ma non smettiamo di fare scoperte"

Massimo Ercolani è stato per dieci anni il presidente della Federazione speleologica dell’Emilia Romagna, l’ente che ha avuto l’intuizione di candidare i Gessi dell’Emilia Romagna a Patrimonio Unesco. Ha lasciato la carica alcuni mesi fa, alla fine del terzo mandato, all storico sodale Piero Lucci. L’iscrizione dei Gessi nella lista dei Patrimoni Unesco, per lui come per molti altri, è il coronamento delle centinaia di giornate spese, come accade per tanti degli altri speleologi iscritti alla Federazione, nel sottosuolo alla continua ricerca di nuove grotte.

"Per quanto i Gessi bolognesi e la Vena del Gesso siano i due sistemi carsici più studiati al mondo, non smettiamo di fare nuove scoperte a cadenza regolare", spiega Ercolani. "Dal ‘600 a oggi abbiamo catalogato più di mille grotte nei Gessi dell’Emilia Romagna, il che significa esplorarle, fare i rilievi, scattare fotografie, e consegnare tutto il materiale alla Regione, con la quale siamo accreditati. Ma continuiamo regolarmente a scoprire nuove grotte e svelare capitoli del loro passato, che prima erano scosciuti".

Uno dei fronti di ricerca più caldi è quello legato al Monte Penzola, colle dal profilo riconoscibilissimo lungo la vallata del Santerno: "La grotta della Befana è stata oggetto di recentissimi studi legati alla speleogenesi, cioè alla formazione delle grotte. La ricerca ci ha permesso di stabilire quando le grotte hanno iniziato a formarsi: prima pensavamo fosse accaduto intorno a 200mila anni fa. Grazie ai nuovi studi sappiamo che la formazione delle grotte è cominciata ben 500mila anni fa. Dobbiamo ricordarci che i gessi sono come degli archivi climatici che ci permettono di capire l’evoluzione di un territorio, la sua storia atmosferica e biologica. Trecentomila anni di storia in più si traducono in una quantità di dati dall’importanza scientifica enorme".

Il Monte Penzola ha di recente tenuto i ricercatori col fiato sospeso anche dal punto di vista paleontologico: "tempo fa trovammo un frammento di cranio che per la sua conformazione suscitò molta curiosità. Ci domandammo se per caso fosse il reperto di un ominide precedente all’homo sapiens che finora non avevamo mai rinvenuto. Rimanemmo in parte delusi: era il cranio di un homo sapiens. Ma ciò non toglie che queste grotte abbiano una frequentazione che data indietro alla protostoria: erano luoghi di culto, di sepoltura, di rifugio. Qui non a caso trovarono riparo gli abitanti delle vallate durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Nel borgo dei Crivellari le grotte sono state utilizzate come cantine in cui conservare gli alimenti fino a pochi decenni fa, mentre a Sasso Letroso una cavità era addirittura utilizzata come camera mortuaria". Altre ricerche sono in corso per quanto riguarda il lapis specularis – alternativa al vetro che al tempo dei romani conobbe una circolazione vastissima nell’ambito del Mediterraneo – in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia, ma anche sotto l’aspetto delle popolazioni di batteri che abitano le grotte. Le quali non hanno solo restituito resti umani: "Nel corso dei decenni furono trovati fossili di mastodonti, di antenati dei cavalli, di iene oggi estinte, di coccodrilli, ma anche del più recente Ursus spelaeus, un orso che frequentava le grotte fino a circa ventimila anni fa".