Viviamo in una società ‘liquida’ in continua trasformazione, completamente diversa rispetto anche solo a pochi decenni fa. Eppure il sistema scuola è rimasto indietro. A cominciare dal reclutamento dei professori. Dopo varie esperienze lavorative in vari settori aziendali, ho scelto di voler entrare nel mondo della scuola per dare il mio contributo fattivo alle generazioni italiane future. Ho sempre creduto nella forza del cambiamento e nel dovere delle istituzioni di premiare i migliori. Ho sempre pensato che la qualità di un professore e il periodo scolastico dovessero essere fondamentali per i giovani, al fine di far loro comprendere l’importanza di diventare cittadini attivi e responsabili del proprio futuro. Purtroppo ho potuto constatare quanto il sistema scuola sia assolutamente indietro rispetto a quello che dovrebbe essere il suo vero obiettivo: far crescere dei giovani che possano diventare proattivi e resilienti al cambiamento, e soprattutto imparino a pensare con la propria testa. A parte il programma di studi obsoleto e l’uso di libri non aggiornati, vorrei sottolineare il problema del reclutamento dei professori. Nessun punteggio nel Gps (Graduatoria provinciale supplenti) viene attribuito a chi come me ha svolto anni e anni di lavoro sul campo. Vengono privilegiate le persone ‘di teoria’, con dottorato e con voti alti agli esami teorici, che però non hanno svolto alcuna attività pratica, con l’aggravante che spesso non posseggono quelle capacità relazionali così importanti, per far sì che il giovane possa essere motivato nello studio e nella scoperta del suo talento. Ma non vogliamo comprendere che l’abbandono scolastico (secondo le ultime statistiche riguarda 543mila studenti, di cui il 14% di italiani e addirittura il 34% di non italiani), ci imporrebbe una rivoluzione copernicana del sistema scuola?
Paolo Vita
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