Imola, 17 aprile 2014 - Appuntamento al primo gennaio, quando il sindaco di Bologna si insedierà a capo della Città metropolitana. Per una prima discussione sulle tappe che portano al decollo del nuovo ente, Virginio Merola ha partecipato ieri al seminario organizzato assieme al suo collega imolese: nella Imola di Daniele Manca e con un parterre di un centinaio di amministratori.

«Abbiamo la volontà di rispettare i tempi del percorso, ce la metteremo tutta», dice Merola. E fissa l’agenda: «Uno dei primi temi da affrontare sarà l’elezione della Conferenza che dovrà elaborare la proposta di Statuto della Città metropolitana. Dovremo farlo in modo condiviso, per questo convocherò un’assemblea dei sindaci per attivare subito un gruppo di lavoro tecnico per istruire i contenuti dello Statuto e affrontare i problemi relativi a funzioni e attribuzioni della nuova istituzione».

Daniele Manca si sente a un passo dal risultato. Lui che presiede l’Anci regionale e predica da tempo una riforma della pubblica amministrazione. «La Città metropolitana è una nuova opportunità per gli enti locali — osserva —. Siamo di fronte a un cambiamento strutturale dell’articolazione dello Stato, quindi a qualcosa di ben diverso rispetto all’idea di Città metropolitana di vent’anni fa. L’obiettivo dell’intera riforma, che tocca anche il superamento del bicameralismo, è quello di semplificare, di ridurre i livelli di governo e di evitare conflittualità e duplicazioni di competenze, per recuperare competitività e far sì che la pubblica amministrazione non sia più un freno, ma un partner per lo sviluppo».

Merola e Manca: i grandi sostenitori della Città metropolitana come ente di secondo grado. Ma sul modello non è un plebiscito. La questione dell’elezione diretta del sindaco è stata sollevata al seminario da Marco Macciantelli, sindaco uscente di San Lazzaro e responsabile per gli Enti locali del Pd emiliano romagnolo. «Senza l’ente di secondo grado non si parte — ragiona —. Ma senza mettere subito nello Statuto l’opportunità dell’elezione diretta, si rischia di inibirsi una parte del cammino possibile. E’ da valutare non solo dal punto di vista dello scorporo di Bologna e del referendum nel territorio provinciale, ma soprattutto dopo una fase di rodaggio del nuovo sistema». Merola e Manca insistono: «La sola soluzione è l’ente di secondo grado guidato dai primi cittadini». E il sindaco metropolitano in pectore assicura la volontà di «distribuire potere attraverso le deleghe alle Unioni dei Comuni».

Piovono critiche dal centrodestra. «Imola diventerà un sobborgo di Bologna – accusa Simone Carapia (Fi) —. Merola e Manca si sono accordati per spartirsi le cariche in un ente di secondo grado che soppianta la democrazia».

li. go.