Al Diavolo serve un Ibra perfetto

Giuseppe Tassi

Un derby da scudetto dopo dieci anni. Per bauscia (interisti) e casciavit (milanisti) è il regalo più bello perché Milano può spezzare la lunga dittatura juventina. In quel 2011 sulle panchine sedevano Allegri e Leonardo e in tribuna i superpresidenti Berlusconi e Moratti. Il Cavaliere era pure premier, in attesa che il governo Monti lo disarcionasse. Corsi e ricorsi storici: oggi al potere c’è un altro supertecnico, Mario Draghi, ma ai vertici dei due club non ci sono più grandi imprenditori italiani, bensì un fondo americano e un gruppo cinese che investono nel calcio a scopo di business. Passione e sentimento battono nel petto del popolo tifoso, che è l’unico elemento di continuità fra ere così diverse. In realtà un altro reduce di quel 2011 c’è. È il vecchio Zlatan Ibrahimovic, che non fu presente in quel lontano derby ma mise il suo sigillo sul trionfo rossonero targato Allegri. Dopo dieci anni e con quaranta primavere sulle spalle Ibra è ancora qui. Con la sua voglia intatta di ribaltare la storia ed il pronostico. Conte ha fatto crescere l’Inter fino a portarla in testa alla classifica e oggi la Beneamata gioca il derby da favorita. Ha il vento dell’entusiasmo nelle vele, non paga pedaggio alla stanchezza da Coppe e ha almeno tre uomini che possono stendere ogni avversario: Lukaku, Barella e Hakimi.

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