Bologna, 23 settembre 2023 – Faccio una riflessione guardando certe scelte politiche-urbanistiche su Modena. Sappiamo tutti che esistono due tipi di criminalità: la macrocriminalità, quella dei “colletti bianchi”, il vero male del Paese: evasori fiscali, che evadono miliardi e danneggiano la società, impoverendola; poi c’è la microcriminalità, quella che fa al caso nostro in questi giorni, che ha un impatto forse minimo sulla società ma molto diretto sui cittadini. Banalmente, da molto più “fastidio” il ladro che entra in casa a rubare, piuttosto il finanziere che evade miliardi e che non mi colpisce direttamente. La microcriminalità è figlia unicamente della povertà. Gli immigrati sono le fasce più deboli della nostra società. La povertà porta alla microcriminalità, non la genetica. Faccio questo ovvio preambolo perché guardando le politiche che si stanno facendo nella mia città, questi aspetti non mi sembrano ovvi. Ci sono quartieri, guarda caso a pochi chilometri dal centro storico e che, come tali, non dovrebbero più essere chiamati “Periferia”, in cui l’amministrazione della nostra città sta collocando tutte le classi meno abbienti in uno stesso luogo e tanti progetti squalificanti. Risulta matematico a questo punto che la microcriminalità sarà concentrata in quegli ambienti e non c’è da stupirsi se, a pochi passi dall’R Nord (alias “Scampia”!), ovvero in Viale Vittorio Emanuele, poi accada l’irreparabile. O anche quello che leggiamo sulle situazioni, conosciute da anni, del Parco XXII Aprile, Novi Sad o Viale Gramsci. Ho sentito certi consiglieri comunali in questi mesi dire che certe attività o “servizi”, devono rimanere ed essere collocati all’interno di certi quartieri, dove le persone immigrate hanno la residenza. Io credo invece che dovrebbe esserci una inversione di tendenza perché non è così che si genera vera integrazione e, dividendo i carichi, non si faciliterebbe sicuramente il perpetuare di atteggiamenti criminali. A questi aspetti elencati, si aggiunga l’arrivo incontrollato in città di immigrati, come sta evidenziando anche il Partito Democratico. Si aggiunga anche la mancanza di luoghi di aggregazione; nuove aree progettate “senza testa”, come il Data Center alla Sacca, la cui piazzetta senza alberi è impraticabile da scuole e biblioteche limitrofe, che renderebbero il luogo una zona per comunità, evitando potenziali pericoli futuri. Quando lo capirà la maggioranza al governo di questa città che la “riqualificazione” non passa solo dagli edifici fisici, come alla Sacca, ma anche dal tessuto sociale?
Marco Rinaldi