È ora di risanare il calcio

Molti fatti affliggono il mondo per doverci anche occupare di una masnada di imbecilli (tifosi esagitati, criminali, nullafacenti annoiati?) che ritengono di passare la domenica a picchiarsi sulle autostrade o allo stadio. Anche per uno come me che non segue il calcio è stato chiaro per anni che la pratica di questo sport aveva aspetti sociali rilevanti: univa le comunità. Aiutava la loro coesione e soprattutto procurava momenti di socializzazione, a volte aspra, che comunque era di aiuto a chi a questo e ad altri sport si rivolgeva, praticandoli o come momento di condivisione festosa. Da molti anni a questa parte però, il calcio in particolare è diventato un problema politico perché divide le comunità esasperandone i contrasti. Basta vedere cosa succede nei campetti di periferia delle città dove le diverse associazioni sportive si prodigano per fare divertire i nostri figli e nipoti e salire su per li rami della nomenclatura calcistica e leggere sui quotidiani del lunedì, o tutti i giorni sulle pagine sportive di radio e tv, di assalti fra tifoserie, sgarbi agli arbitri e vandalismi vari in nome di una tifoseria che appare incontenibile. Credo sia il momento di dare degli esempi: togliendo i contributi alle squadre le cui “tifoserie” si comportino come eserciti in guerra, escludendole anche dai campionati che frequentano, pretendere il controllo delle gestioni economiche dei club come si fa con le imprese, che peraltro falliscono quando sono nelle condizioni nelle quali si trovano i bilanci di molte squadre. Angelo Fregni