Ergastolo alla madre senza cuore, ma con una condanna aggiuntiva

“Il saggio non dice tutto quello che sa, ma sa quello che dice”, ha lasciato scritto Aristotele, fondatore con Socrate e Platone, della Filosofia. Negli oltre 50 anni di giornalismo, esercitato sulle pagine dei quotidiani locali, ho conosciuto

centinaia di colleghi. Alcuni bravissimi, altri meno. Nessuno, comunque, con la genialità dello Starita. Non è un problema di abilità professionale. E’ la vita, tanto difficile e complicata che, dire proprio tutto non è facile. Singolare, per non dire agghiacciante, il caso della milanese Alessia Pifferi, 38 anni, non ricca, né

colta che è stata condannata all’ergastolo per aver lasciato morire di stenti la

figlia Diana di 18 mesi. Legata sentimentalmente ad un elettricista, ha preferito trasferirsi in casa di costui portando solo una valigia di abiti da sera. E Diana? Sola per sette giorni nel monolocale di via Parea. E cosa mangiava? Un biberon di latte, “rinforzato” con tranquillanti. Al ritorno a casa trova, come era logico, la piccola già morta. Tra l’altro ciò successe in un periodo caldissimo dell’estate. Ma c’è dell’altro. Dall’esame autoptico dello stomaco è risultato che, sotto i morsi della fame, Diana aveva mangiato frammenti dei propri pannolini. Al Pm la donna ha confessato tutto, ed è stata condannata all’ergastolo. Non ha avuto una parola di scuse, un cenno di vergogna. Dovremo mantenerla noi, con le nostre

tasse. Da dilettante di giurisprudenza, io avrei dato una pena diversa: tutti i giorni tagliolini ricavati da pannolini.

Ferruccio Veronesi