Onoriamo le vittime di mafia

Rammento l’Amleto di Shakespeare: “Se si trattasse ognuno a seconda del suo merito, chi potrebbe evitare la frusta?” e insieme l’evangelico motto: non cercare la pagliuzza nell’occhio altrui, senza prima rimuovere la trave nel tuo. Non voglio perciò crocifiggere Berlusconi, ma dire che sì, non lo rimpiango, né lo voglio beatificare, né considerarlo vittima dell’inesistente persecuzione giudiziaria, per la quale dovette prestare la sua preziosa opera ai servizi sociali d’una casa di riposo. Lo rimpiangono le sue non poche mogli ed amanti, financo Bossi che oggi lo elogia, dimentico d’averlo un tempo definito “Il mafioso di Arcore”, e la Meloni e Taiani, con lui sostenitori dell’appartenenza ai valori del mondo occidentale. C’era anche Salvini al funerale? Non fu un tempo ammiratore di Putin? Non ricordo alcun giorno di lutto nazionale per le stragi di Capaci e di Via D’amelio e mi chiedo: è possibile proclamarlo tardivamente? Per onorare le vittime di mafia, evento ahimè facilmente dimenticato. A quel lutto sì parteciperò, anzi quotidianamente partecipo.

Paolo Angelo Napoli