Il quarto potere

Rassegniamoci, la nostra non è la costituzione più bella del mondo e lo dimostra il fatto che da 30 anni o forse più si moltiplicano le voci di eminenti studiosi che la vorrebbero cambiare. Purtroppo le forze politiche, pur accettando l’ipotesi di una revisione del nostro impianto costituzionale, non sono mai riuscite a varare una condivisa riforma. Per venire a capo di queste incoerenze bisogna tener presente che le costituzioni spesso si articolano in due parti: con la prima si fissa la tavola dei principi e valori in cui si riconosce e s’identifica la comunità di riferimento e da questo punto di vista la nostra costituzione è certamente da tener ferma perché efficace e generosa convinta tutrice delle nostre libertà anche se forse troppo ottimistica sui caratteri del popolo e della classe politica che lo rappresenta.

La seconda parte è quella dove la costituzione si può paragonare ad un manuale d’istruzione tipo quelli per automobili che stabilisce i meccanismi di funzionamento. E qui vengono i dolori. Come l’esperienza di questi ultimi 30 anni dimostra i momenti di perplessità si sono concentrati sulla debolezza del governo, sul ruolo talvolta troppo elastico del Presidente della Repubblica e sul conflitto ormai intollerabile tra la classe politica e la magistratura.

I tentativi fatti nel passato anche recente di modificare qualche aspetto della nostra Costituzione sono tutti falliti forse perché pensati in un’ottica per cosi dire dello "spezzatino", cioè d’immaginare singole episodiche modifiche che hanno il difetto di evidenziare subito quale dei tre poteri dello stato viene danneggiato dalla prospettata riforma. È questo inconveniente può anche ripetersi per la proposta riforma Meloni. Infatti è indubbio che in questa prospettiva il Presidente della Repubblica perda parecchio del suo potere. Infatti perde il potere di nomina del presidente del Consiglio incaricato, perde nella sostanza il potere di sciogliere le camere, più in generale il presidente della Repubblica corre il rischio di diventare solo un notaio. Se vogliamo che la nostra Costituzione rimanga informata alle regole del "checks and balances” dobbiamo dare qualche potere sostanziale al Presidente della Repubblica. E qui entra in gioco l’altro problema che ci assilla e cioè quello del conflitto tra la Magistratura e il Potere Politico.

Gran parte dell’opinione pubblica, oltre alla classe politica, si lamenta del modo inefficiente con cui la magistratura assolve alla sua funzione.

Il rimedio a questa situazione d’inefficienza sta nella possibilità di responsabilizzare sul serio questa categoria di addetti ad un servizio sociale essenziale. Anche la recentissima riforma che prevede le pagelle per i magistrati e’ un rimedio troppo debole: infatti anche a riuscire a tenere il giudice tutti i giorni in ufficio con rigoroso orario di servizio, tutto ciò non garantirà che il lavoro sia fatto con competenza, attenzione ed indipendenza. Ogni vero controllo comporta la possibilità di sanzionare sul serio il trasgressore e allora se vogliamo essere conseguenti, dobbiamo immaginare ed istituire un corpo di giudici scelto con estrema cura e non facenti parte dell’ordine giudiziario con competenza sul comportamento professionale dei magistrati ordinari. Questo corpo di giudici sarà alle dipendenze organiche e funzionali del Presidente della Repubblica, "sua longa manus" nel territorio; cosi il Presidente vedrebbe in qualche modo irrobustito il suo potere. Ancora all’altissima figura del Capo dello Stato, si potrebbe attribuire, cosi dando un’effettiva consistenza al suo essere il comandante delle Forze Armate, la supervisione effettiva e nel merito della scelta dei capi di Stato Maggiore perché come la Giustizia anche la Difesa non e' di parte ma al servizio della comunità tutta intera. Cosi' inverando il prezioso auspicio di Benjamin Costant d'istituire un quarto e supremo potere, quello “neutro” del Capo dello Stato

Vito Nicolo' Diana