Mercoledì 24 Aprile 2024

Pd, centristi contro il segretario: il timore è quello di spostarsi troppo a sinistra

La rabbia dei riformisti: "Ci avete fatto fuori". Anche Lotti tra gli esclusi eccellenti: "Non accetto giustificazioni vigliacche"

Enrico Letta (Ansa)

Enrico Letta (Ansa)

Roma, 17 agosto 2022 - A un certo punto, nonostante l’esortazione di Enrico Letta a non fare dibattito, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, capocorrente di Base Riformista, prende parola: "Mi spiace Enrico, non posso accogliere il tuo invito a non intervenire, perché verrei meno a un mio dovere politico e di coscienza". Come a dire: caro Enrico, non posso stare zitto come vorresti…

Elezioni, il confronto tv tra leader politici ci sarà: la Rai svela due date

Lunedì di Ferragosto, la Direzione nazionale del Pd è riunita per approvare le liste elettorali. È tardi. L’incontro che sarebbe dovuto iniziare alle undici di mattina comincia alle undici di sera. Persino Guerini, seppur con il solito aplomb, s’adonta e prende parola. Dice che c’è un problema e il problema è "la scelta dell’esclusione di Luca". Laddove Luca è Lotti, co-capocorrente di Base Riformista, la componente parlamentare più numerosa del Pd. L’ex ministro dello Sport è fuori dalle liste ("Il segretario del mio partito ha deciso di escludermi dalle liste per le prossime elezioni politiche", dirà Lotti il mattino dopo guadagnandosi anche il like di Guerini: "Mi ha comunicato la sua scelta spiegando che ci sono nomi di calibro superiore al mio. Confesso di non avere ben capito se si riferiva a quelli che fino a pochi mesi fa sputavano veleno contro il Pd e che oggi si ritrovano quasi per magia un posto sicuro nelle nostre liste… La scelta è politica, non si nasconda nessuno dietro a scuse vigliacche").

Elezioni, la battaglia social dietro le linee. Così i partiti guadagnano visibilità

Il tema quindi, spiega Guerini, non è il numero dei candidati di Base riformista, che anzi, assicura, esce con numeri superiori a tutte le altre aree. Il tema è Lotti fuori dal Parlamento. L’ex braccio ambidestro di Matteo Renzi, con il quale da tempo c’è un pessimo rapporto, non è stato difeso nemmeno nella sua Toscana.

Leggi anche: Pd, la giravolta di Cirinnà: quel collegio è perdente, non mi candido. Poi ci ripensa

E a dirla tutta nemmeno nella sua provincia. "Non lo vogliono nemmeno i suoi amici", era una battuta che girava nel Pd toscano qualche giorno fa. La federazione dell’Empolese-Valdelsa aveva indicato come candidato unico Dario Parrini (tornerà in Senato) pur esprimendo "un giudizio positivo sul lavoro svolto da Luca Lotti". Una evidente foglia di fico, tant’è che proprio dalla Toscana – dicono fonti del Pd nazionale a QN – una decina di giorni fa era arrivata la decisione di non ricandidare Lotti. "Per quanto riguarda Luca, in particolare gli amministratori affiancano al loro giudizio positivo sul lavoro svolto l’auspicio di una sua ricandidatura". L’auspicio… Insomma, non è che si siano immolati per riavere Lotti a Roma.

Viene da chiedersi se con queste candidature – al netto dell’ex ministro dello Sport, che in fondo oggi contesta agli altri un metodo che i renziani hanno praticato a lungo – non ci sia stato uno spostamento a sinistra. Fra liste e coalizione. Guerini è convinto che un po’ di spostamento in alcune candidature ci sia. Anche se Dario Franceschini e in parte Enrico Letta garantirebbero un certo equilibrio al centro. Certo, per Guerini il Pd ha concesso molto agli alleati sulle candidature agli uninominali. Per esempio a quelli di Articolo 1 nelle liste del Pd. Prendiamo il collegio 3 di Pisa-Firenze-Scandicci. Per uno Stefano Ceccanti che salta (anche lui di Base Riformista) sono in arrivo un Arturo Scotto, coordinatore di Articolo1, al proporzionale in seconda posizione, e un Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, all’uninominale. "Sono state fatte scelte che non hanno alcuna logica politica. L’impressione è che si stia cercando di ricostruire i Ds. Quello che emerge è uno spezzatino, con l’unico vero obiettivo di ridimensionare le istanze riformiste", spiega Rosa Maria Di Giorgi, capogruppo Pd in commissione cultura della Camera, esclusa, anche lei di Base Riformista, assai più dura di Guerini, convinto invece che il numero dei candidati riformisti sia più che sufficiente.